“L’invisibile ovunque” dei Wu Ming
L’invisibile ovunque continua la saga dei Wu Ming. Un collettivo di scrittori anomalo e forse unico nel panorama non solo italiano ma mondiale, una sorta di cooperativa della scrittura, con proprie regole e stili anche di pubblicazione e diffusione delle proprie pubblicazioni.
I Wu Ming (in principio Luther Blisset) infatti – per usare una delle loro parabole storiche – sembrano essersi assunti l’improbo compito di riscrivere la Storia. O meglio di riscrivere la Storia attraverso le storie (ma forse qui dal loro punto di vista la maiuscola andrebbe invertita) di chi poi la storia l’ha fatta. Il tutto prescindendo da vinti e vincitori (che guarda caso poi determinano chi la Storia la scrive), protagonisti e personaggi di secondo piano, eventi determinanti e momenti apparentemente secondari (anzi invertendoli spesso).
Hanno creato uno stile, non completamente nuovo forse, ma poiché fatto anche di stili diversi (nella scrittura) ma resi a loro modo unici, certamente affascinate (un po’ troppo accattivante forse).
Così dopo Q (forse il più’ conosciuto), Manituana, Altai (per citarne solo alcuni), eccoci al racconto dei racconti di quello che già’ rappresenta di per sé un momento epocale, forse il più’ vicino a noi, di svolta nel concetto di guerra (e di evoluzione della storia della stessa).
A tal proposito, per chi avesse voglia di una lettura “tecnica” – per un profano delle tattiche militari è difficile coglierne a pieno le dimensioni e la portata – consiglio “Caporetto” di Mario Silvestri, edito da Bur; mentre, per i meno tecnici consiglio anche “Questa storia” di Alessandro Baricco, edito da Fandango.
L’invisibile ovunque
L’invisibile ovunque, ben lungi invece dall’affrontare i temi in chiave universale e tecnica, scende su un campo senza confine, passando da una trincea all’altra, da un vinto a un vincitore, da un protagonista all’ultimo degli ultimi.
Tutto questo attraverso 4 diverse storie che fanno la Storia. Storie che nessuno, se non loro, avrebbe potuto incastonare nello stesso racconto. Storie che la Storia, quella ufficiale, ha messo da parte, ovviamente.
Si ha l’impressione siano state scelte delle perle singole da infilare in una sola collana, ma forse, parlando di Guerra, il termine perle non è molto appropriato.
Lo fanno con il consueto stile del collettivo, lo stile degli stili. In maniera cruda, paradossale, iperbolica quasi, ma sempre vera! In presa diretta, dando quasi la sensazione di una telecamera in spalla; inoltre la sensazione, anzi le sensazioni, sono quasi sensoriali, olfattive!
Ecco perché vale la pena leggere i Wu Ming! Non per conoscere la Storia, ma per sentirne gli odori – che più’ spesso sono nauseabonde puzze – toccare con mano i fatti di quei giorni, vedere le facce di chi c’era, con gli occhi di chi quelle facce davvero guardava. Ma soprattutto perché, di quei personaggi, “sentiamo” ciò che sentirono dentro. E questo nessuna storia può raccontarlo davvero.
Perché, ripeto, la Storia si basa sui fatti, sia pur filtrati dai vincitori (sia veda “La cultura dei vinti”, Schivelbusch , il Mulino), ma le storie, quelle VERE, sono fatte di ciò che i protagonisti hanno provato nel profondo perché’ era ciò’ che li muoveva. E questo può’ essere solo immaginato da uno o più romanzieri.
È qui il grande salto di cui i Wu Ming sono capaci, in qualche libro meglio che in altri : ti bloccano su un letto, una poltrona, in metro, aereo o dovunque tu sia, per ore leggendo tutto di un fiato delle storie, da cui traspaiono non solo documentazione, approfondimento, passione per un’autenticazione originale, ma, soprattutto, l’anima dei protagonisti, attraverso sogni, desideri, delusioni, emozioni. Ciò che non si può “vedere” e che, dunque, la Storia non può documentare.
Così in L’invisibile ovunque, quattro storie ci fanno sentire la paura – quella che ti porta a simulare la follia, ma poi ti rende ben più folle di quanto volessi simulare – il desiderio di emancipazione – che la Guerra soddisfa attraverso il coraggio di un ‘Ardito’ facendo emergere il talento di un povero contadino che altrimenti sarebbe andato sprecato nei campi, non di Guerra questa volta – la vergogna profonda di chi per combattere non è nato ma avrebbe potuto contribuire a salvare anime e forse ad evitare altre guerre attraverso l’arte, e, infine, la sublimazione del sogno, di chi durante la Guerra, attraverso la pittura, che altro non è che sogno su una tela, la Guerra la vuole nascondere, almeno agli occhi di chi invece la voleva fare.
Così la Storia diventa poesia e le Storie perdono il passato che caratterizza la storia per essere presente, ma, soprattutto, possibile futuro ed eternità’. Decidete voi dove mettere la S maiuscola.