“Gli etruschi”: meglio chiamarli Tirreni, come facevano i Greci
Misteriosi, impenetrabili, enigmatici. Il più antico popolo civilizzato dell’Italia centrale, tanto che i progrediti cittadini dell’Urbe erano orgogliosi di poter vantare qualche ascendente tra quella gente. Sono Gli Etruschi, ai quali il prof. Friedhelm Prayon, etruscologo dell’Università di Tubinga, dedica un intenso volumetto della Universale Paperbacks Il Mulino (130 pagine 12 euro). Etruschi? Meglio: Tirreni, come li chiamavano i greci (Tyrsenoi o Thyrrenoi), giacchè gran parte della difficoltà di inquadrare questa popolazione antica della nostra penisola deriva dal fatto che sono stati altri popoli a parlare di loro. Non si hanno testi diretti di fonte etrusca, a parte 7500 iscrizioni molto brevi e frammentarie dalle quali di recente si è ricavato un vocabolario ma resta comunque la difficoltà di estrarre vocaboli certi, proprio a causa delle scarne frasi di base che non favoriscono raffronti tra le parole. Uno stesso termine (casa, uomo, donna, per citare i più semplici) non viene ripetuto e non offre così un riferimento. Pertanto, per farsi un’idea dei Tusci occorre leggere ad esempio Posidonio di Apamea, greco siriaco (134-51 a.C,), non molto indulgente con loro che scrive:
Essi nei tempi antichi si impadronirono di molte terre, segnalandosi per coraggioe fondarono molte e importanti città. Parimenti, possedendo una potente flotta ed esercitando il dominio sul mare per lungo tempo, ottennero che il mare che bagna l’Italia prendesse da loro il nome di Tirreno. Perfezionarono l’armamento delle forze di terra e inventarono lo strumento che si chiama tromba, utilissima in guerra. Crearono i simboli del potere per i generali insigniti del comando (i littori, il seggio d’avorio, la toga pretesta). Inventarono nelle case il peristilio, una comodità contro gli schiamazzi delle turbe dei servi. I romani adottarono la maggior parte di questi ritrovati e dopo averli perfezionati li introdussero nella loro comunità.
Naviganti, guerrieri, innovatori. Ma svilupparono anche le lettere, la conoscenza della natura (l’osservazione dei fulmini), la religione. Coltivavano la terra, ricavando una grande varietà di prodotti. Consumavano i pasti due volte al giorno e i ricchi imbandivano mense sontuose. Gli agi, le comodità, la grande disponibilità di servitù e schiavi li condussero alla dissolutezza e fiaccarono la tempra bellica, sostiene moralisticamente il testimone antico, in quello che resta il ritratto più efficace degli Etruschi. La decadenza della forza di un popolo si deve per Posidonio alla rilassatezza dei costumi. Un’allusione alle abitudini sessuali: non gli andava a genio che uomini e donne stessero sdraiati sotto la stessa coperta durante i banchetti. Una condotta lussuriosa, a suo avviso. La condizione femminile del resto era particolarmente libera, improntata ad una condotta disinvolta.
Secondo un’altra fonte greca, Teopompo di Chio
le donne erano di tutti… esse hanno molta cura del corpo e spesso si esercitano insieme agli uomini, talvolta anche una contro l’altra… non pranzano vicino ai propri uomini, ma con chi capita tra i presenti e bevono con chi vogliono. Sono infatti straordinarie bevitrici e bellissime donne.
In realtà, conosciamo gli Etruschi più di quanto non si pensi, dal momento che i loro usi e manufatti ci sono arrivati attraverso i Romani. Nei secoli di contiguità, i rapporti furono tanto intensi da poter considerare Roma, nella fase più antica, una città etrusca a tutti gli effetti, sostiene Prayon. Servio Tullio, uno dei sette re, si chiamava alla nascita Mastarna ed era etrusco, come tanti oggetti, monumenti, reperti d’arte tipo la Chimera di Arezzo e perfino la lupa capitolina in bronzo, quanto di più romano stia a rappresentare Roma. Tutto, tranne la religione, che non impressionò più di tanto i romani. Intensa anche la toponomastica: Mar Tirreno, Toscana, Toscani ed anche nella nostra lingua è transitato un vocabolo etrusco: persona, derivato da persu, maschera.
Oggi, gran parte dei contatti con loro è mediato dal culto dei morti e dalle complesse tecniche cimiteriali. Tuttavia, a convincerci del ruolo tra i grandi popoli civilizzati dell’Europa antica basterebbe la suggestiva arte etrusca, ricorda il prof. Prayon, citando le figure allungate della Diana del Lago di Nemi e dell’Ombra della Sera di Volterra. Rappresentano una donna e un fanciullo, sono statuette filiformi, inquietanti come esseri extraterrestri. Ci sfidano da tre millenni con il loro sorriso indecifrabile. Modernissime, bellissime.
Marzo 15, 2019
Bello grazie mi ha aiutato tanto