Senza paura di Flavio Pagano, il mondo degli ultrà
La storia
La voce narrante di Senza paura è il nonno del ragazzino protagonista, un ex arbitro, una persona che ha nel cuore il bel calcio di un tempo che sa non esistere più; uno sport che ha però imparato ad odiare con tutte le sue forze. È attraverso le sue parole che conosciamo Bruno e suo padre Antonio. Il primo segnato dalla morte prematura della madre, alla costante ricerca del consenso del padre, del suo affetto; il secondo, capo della tifoseria e sempre impegnato nel lavoro, fa del calcio la sua valvola di sfogo più insensata. Il rapporto fra i due non è affatto semplice, anzi. Ma in questa storia c’è anche spazio per l’amore, quello di Bruno verso la bella Na’weh, una giovane straniera cresciuta in Italia che ancora difende il calcio e la sua essenza di semplice gioco con una palla. Bruno vorrebbe tanto un po’ di normalità nella sua vita, nel rapporto col papà. Grazie alla complicità del nonno che i due vanno per la prima volta assieme allo stadio. Quello che non sanno è che quella non sarà una semplice giornata di svago, ma una trappola mortale.
Terroristi o ultrà?
Il parallelismo che nasce da queste pagine fra ultrà violenti e terroristi è drammaticamente reale, e per comprenderlo basta aprire un giornale l’indomani da una qualunque partita “a rischio”. Un ultrà (attenzione, parliamo di gente che vive il tifo con violenza, non di chi è appassionato di calcio!), al pari del terrorista, è una persona normale, che lavora e magari ha anche una famiglia, ma che una volta allo stadio “esplode”. Alle pagine di Rainews.it, Pagano, parlando di criminalità e ultrà sostiene «Gli ultrà più violenti sono armati, cannati, esaltati e soprattutto abituati a sentirsi impuniti: esattamente come la manovalanza della malavita, che sia camorra o mafia capitale. Sono una specie di versione moderna dei “bravi” manzoniani. Chi li copre, e perché? Ecco, questa è una domanda che ci può portare molto lontano…».