L’Aleph di Jorge Luis Borges
Jorge Luis Borges (1899-1986) è stato forse lo scrittore argentino più influente del secolo scorso. Anche se probabilmente sconosciuto a chi è abituato a leggere best seller, Borges ha influenzato una generazione di intellettuali, da Calvino e Philip K. Dick fino a Umberto Eco. Un autore non facile, complesso, a volte ermetico, capace di condensare in poche pagine idee e suggestioni potenti e profonde. Perché un’opera di Borges non è mai una semplice raccolta di racconti. Un’opera di Borges è qualcosa di più simile a un nuovo sguardo sulla realtà: è un microcosmo composto da storie in cui si riassumono vite e mondi diversi; è, come l’Aleph del racconto che dà il titolo alla raccolta, quel punto misterioso e affascinante in cui si concentrano tutti i luoghi e i tempi.
Tra metafora e simbolo
I 17 racconti contenuti ne L’Aleph (182 pagine) sembrano parte di un grande gioco di specchi. Pur essendo apparentemente slegati l’uno dall’altro, ogni racconto è in realtà collegato a quelli che lo precedono o lo seguono, in una concatenazione di temi ricorrenti (lo specchio, appunto, ma anche l’insondabile circolarità del tempo, il tema del doppio, del labirinto, della colpa e della ricerca di riscatto) e situazioni fantastiche, ma narrate col piglio asciutto e disincantato di chi descrive un evento di cronaca. Borges, nella veste di narratore-autore, riempie le vicende di rimandi fittizi alla realtà, disorienta il lettore facendolo penetrare in un mondo dalle atmosfere rarefatte e dai contorni sfumati ed evocativi. Non per nulla, il termine “borgesiano” è sinonimo di una concezione della vita e della storia, come menzogna, come opera contraffatta. Un’ambiguità di fondo serpeggia tra le storie di Borges; un’ambiguità che fa sì che ognuna di esse diventi metafora, parafrasi di altre storie, veicolo di riflessioni filosofiche e metafisiche. I personaggi di Borges non sono semplici individui, ma assurgono a simboli; come il candido e terribile Asterione, che attende la propria morte in una solitudine grottesca e crudele; o come Pedro Damiàn (protagonista de L’altra morte, affascinante riflessione filosofica sull’irrevocabilità del passato) scomparso dalla memoria di chi lo conosceva, che «nel 1946 morì nel 1904»; o come ancora il protagonista de L’Immortale, dimentico di se stesso e del mondo.
Letteratura concettuale
Nelle pagine dei racconti di Borges si condensa un universo di pensiero: Nietzsche, Schopenhauer, Omero, la spiritualità ebraica e quella orientale. Si tratta di una letteratura profonda, concettuale, attraversata dalla ricerca di risposte a quesiti metafisici, come quello (apparentemente paradossale) dell’universalità nell’individualità del singolo e della sua unione con l’infinito. Sicuramente, la lettura di Borges non è per tutti. Bisogna sapere scavare tra le parole, saper leggere (e non semplicemente arrivare a fondo pagina), saper riflettere, e anche sapersi far trascinare da una poetica struggente e densa come un trattato filosofico. Borges è, prima che uno scrittore, un intellettuale: ne L’Aleph le varie storie non sono mai fini a se stesse, ma si ricollegano e nascondono significati e riflessioni nascoste. Se non avete ancora letto nulla dell’autore argentino, il mio consiglio non può che essere quello di rimediare. Un’opera di Borges non può mancare nella biblioteca di chi ama la letteratura, e non solo i libri.