Zerocalcare: incontro ravvicinato con il fumettista del momento
Avvertimento ai lettori: il nostro articolo di oggi dedicato alle graphic novel sarà monotematico. Si parlerà di un unico scrittore, un unico stile, una personalità dirompente nel mondo della narrazione a fumetti. Avete presente quel tizio mingherlino che disegna se stesso accanto a un armadillo e che ultimamente ha collaborato anche con Repubblica? Il suo nome è Zerocalcare e se ancora non lo conoscete, o se volete conoscerlo meglio, non vi resta che mettervi comodi comodi per leggere quello che abbiamo scoperto su di lui.
Zerocalcare, all’anagrafe Michele Rech, classe 1983, esordisce come fumettista all’età di 28 anni, cioè nel 2011, quando pubblica la sua prima opera, La profezia dell’Armadillo, edita da Bao Publishing. Fin qui, possiamo attenerci allo stile rigoroso che qualunque incipit di qualunque autobiografia richiede. Se però vogliamo calarci un po’ di più nel personaggio, è ovvio che dobbiamo cambiare registro tout court. Perché Zerocalcare non ha nulla che possa essere considerato “convenzionale”. Per farvi un’idea: nonostante pratichi uno dei mestieri più cool del momento, il fumettista, lui chiama le sue creazioni “disegnetti”. Bella prova di umiltà per uno scrittore/illustratore che si ritrova quest’anno tra i 12 finalisti del Premio Strega!
Cercando qua e là in rete delle informazioni su Zerocalcare, il profilo che ne salta fuori è quello di un ragazzo come tanti, ma con un dono innato: l’incredibile capacità di raccontare la realtà che ci circonda tramite linee nere su fogli bianchi. Si tratta di un talento che ha sempre coltivato, sin da “regazzino” (per parlare nel suo dialetto romanesco ndr), quando sognava di fare il paleontologo. Successivamente è stato costretto a reprimere la sua creatività a causa di lavori che ha definito “orribili” (tipo lavorare in aeroporto e fare delle traduzioni), fino a quando, per esclusione, è diventato un fumettista di mestiere. Quando è arrivata la notorietà, Zerocalcare si è giustificato così: “ho successo perché ci sta poca gente che racconta la nostra generazione”. E, seppur la sua teoria non faccia una piega, ci risulta difficile non immaginare che ci sia di più.
RecensioniLibri.org incontra Zerocalcare
Che effettivamente è quello che ho potuto ben comprendere quando l’ho incontrato alla presentazione del suo ultimo libro, Dimentica il mio nome, il 26 febbraio scorso a Palermo. Mi sono trovata davanti una personalità molto forte, che crede nei suoi ideali e fa di tutto per portarli avanti in una società che, a suo parere, è fatta di semplificazioni e gente che prende le scorciatoie.
Una sorta di ribellione celata, la sua, ed espressa tramite la forma forse più potente che c’è: la carta stampata. Una necessità di esprimere il suo pensiero che lo accompagna ormai da qualche anno, precisamente dal 2001, quando ha partecipato al G8 di Genova; in quell’occasione, che oggi definisce lo spartiacque della sua vita, Michele ha capito di voler diventare Zerocalcare e di avere voglia di passare la vita a raccontare storie.
Zerocalcare: GiPi e la sua influenza su di me
Ad accompagnarlo nel suo nuovo percorso, un’altra grande voce del fumetto italiano: GiPi, da cui si sente molto influenzato, più che ispirato, e con il quale ritiene di avere un “rapporto malato”.
Proprio dopo aver letto Unastoria, capolavoro di GiPi, anch’esso candidato al Premio Strega lo scorso anno, Zerocalcare ha deciso di iniziare lavorare a Dimentica il mio nome. Si tratta di un’opera che, come la maggior parte delle sue, nasce da una condizione autobiografica; ma questa volta il coinvolgimento emotivo è stato così profondo da richiedere un’intensa collaborazione anche con la madre, per applicare dei filtri alla realtà che altrimenti sarebbe apparsa troppo nuda e cruda: “abbiamo fatto un G2, io e mia madre, per capire cosa raccontare e cosa no”, ha affermato. In realtà, si è trattato di mettere insieme delle idee che gli frullavano per la testa già prima delle sue storie meno recenti; semplicemente, quando ha capito di avere abbastanza materiale, e aggiungeremmo abbastanza forza per farlo, si è cimentato nell’impresa. Pienamente riuscita, a quanto sembra.
Le opere
Ma sarebbe sbagliato ridurre la carriera di Zerocalcare solo a Dimentica il mio nome; altre opere sono state pubblicate prima di esso, e nuovi progetti hanno preso vita dopo. Tra le pubblicazioni precedenti, ricordiamo La profezia dell’Armadillo (2011, ed. Bao Publishing), Un polpo alla gola (2012, ed. Bao Publishing), la raccolta di estratti del suo blog Ogni maledetto lunedì su due e Dodici.
Tra i progetti successivi, invece, la collaborazione con il settimanale Repubblica, per il quale ha pubblicato quest’anno due inserti: Con il cuore a Kobane, reportage della sua esperienza vissuta nella cittadina posta sul confine siriano; e il recentissimo La città del decoro, sei pagine incentrate sulla sua città di origine, Roma, e su temi di attualità quali appunto il degrado e il decoro che la riguardano molto da vicino. Nonostante si tratti di opere disegnate nel corso di ben quattro anni, esse presentano sempre gli stessi rassicuranti tratti distintivi di Zerocalcare: disegni perlopiù in bianco e nero, rappresentazione dei suoi personaggi sotto forma di animali, e l’immancabile Armadillo, “animale sociopatico per eccellenza” che è un po’ l’alter ego di Michele e pertanto il migliore amico di Zerocalcare nei suoi fumetti.
Tra le tante domande che abbiamo rivolto a Zerocalcare durante la presentazione, non è mancato il “momento serietà” cioè la questione relativa alla vendita dei diritti delle proprie opere per realizzarci delle animazioni. La risposta è stata un po’ quella che ci aspettavamo: “è un’opzione che potrei considerare, solo se mi permetteranno ancora di dire la mia”. E questo la dice lunga sulla sua personalissima visione dell’arte e della vita in generale.
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