L’incanto delle piccole cose di Ilaria Palmosi
Doralice Incanto è una giovane trentenne; insegnante precaria, da un giorno all’altro si scopre disoccupata. La protagonista decide così di accomodare con piccoli lavori, mettendo da parte la filosofia e reinventandosi dog sitter, tata e badante. Il profilo psicologico di Doralice, insicura, impaziente e anche un po’ imbranata si scontra con quello della sorella Anna. Perfettina, fiera e sicura di sé, amata ed elogiata da amici e parenti, è impegnata ad organizzare il suo matrimonio perfetto, fatto solo di ricerche estenuanti per l’abito giusto, buffet giusto e bomboniere giuste.
Tra le menzogne e le bugie cui si sente costretta a raccontare alla sua famiglia, Lice incontra Beo, un bambino di cinque anni allegro e curioso. Orfano di madre, vive con il padre Riccardo, uomo tanto affascinante quanto malinconico.
Durante questo reinventarsi conoscerà inoltre Gilda, la misteriosa anziana donna, scorbutica e autoritaria, che nasconde un segreto. Si tratta di alcune lettere, scritte mese per mese e mai spedite, tenute nascoste per anni.
Tra feste di carnevale, torte di compleanno e pic nic all’aperto, Doralice riscoprirà i sentimenti, la bellezza negli occhi di un bambino, la saggezza delle parole di un’anziana donna e la sensibilità degli affetti.
L’incanto delle piccole cose è un elogio della semplicità. La Palmosi riesce, attraverso una serie di racconti e di aneddoti più o meno leggeri, a sottolineare quanto la genuinità e i piccoli gesti siano importanti nella vita di ciascuno.
Il piccolo Beo, ingenuo e fragile, e l’impenetrabile Gilda, apparentemente dura e caparbia, sono gli opposti chiave a fare da filo conduttore nelle vicende del romanzo.
Si scontrano così infanzia e vecchiaia, ricordi e futuro, speranze e rassegnazioni in quello che dovrebbe essere il periodo d’oro per eccellenza: Doralice riscopre la gioia della naturalezza attraverso Beo, con le sue domande strane, talvolta inopportune, altrettante volte così introspettive e profonde, tanto da trovare a fatica le risposte.
Sul versante opposto Gilda rappresenta il capolinea, colei che ha vissuto un dolore ma che nasconde la ferita con atteggiamenti burberi e saccenti, un personaggio abbandonato a se stesso che si sta lasciando vivere ciò che gli resta, tra il rimpianto e l’ossessione nascosti tra le righe di lettere inaccessibili al mondo che la circonda.
Saranno lo spirito giovanile ed instancabile di Doralice e la tenerezza di Beo a sciogliere la parete che Gilda aveva costruito attorno a sé nei confronti del mondo; i due riusciranno a farle abbandonare la carrozzina con la quale si aiuta a camminare e soprattutto le abitudini routinarie, quasi ossessive, che si porta dentro da più di vent’anni.
È nella lettera finale di Gilda che si coglie l’essenza del romanzo, il messaggio che Ilaria Palmosi vuole offrire ai suoi lettori. Non perdersi mai d’animo, andare avanti sempre e comunque, anche quando la vita sembra averci voltato le spalle.
Gilda fa da mentore, è una guida saggia di cui ciascuno di noi avrebbe costantemente bisogno per riflettere ed autoriflettere sui percorsi della vita. Nel momento in cui tutto sembra essere lasciato al caso e gli eventi prendono il sopravvento, inizia lì la possibilità di cambiare, di imboccare strade sterrate, sconosciute e tortuose, che a volte nascondono un panorama bellissimo e ci fanno ricredere sulla scelta di averle intraprese.
Maggio 13, 2015
Molto valide le recensioni!
Maggio 14, 2015
Grazie mille, è un piacere sapere che ciò che si scrive è apprezzato, ancor più quando a farlo è qualcuno del settore.
Maggio 15, 2015
QUESTO LIBRO E’ SEMPLICEMENTE UN CAPOLAVORO
Giugno 3, 2015
:*)