Aspettando Gonzo, divertenti e tenere pagine di vita adolescenziale
Io qui non ci resterò a lungo, questo è sicuro. È la prima cosa che ha pensato, entrando nella nuova classe, della nuova scuola, del nuovo villaggio in cui la famiglia Osbourne si è trasferita. Non sopporta le facce delle compagne e compagni di terza media, si sente diverso, gli risulta difficile parlare come loro. Non gli piace vivere in campagna, vuole tornare in città, a Londra, nel quartiere in periferia dove abitava. E poi la professoressa Pike insiste a chiamarlo Marcus, ma lui è Oz, come gli si rivolgeva la maggior parte delle persone nel mondo civile dal quale arriva. Insomma, per Marcus-Oz quell’odioso insignificante Slowleight è il buco del mondo (i nativi pronunciano Slowel e si compiacciono di non leggerlo come si scrive) e detesta i coetanei insopportabili che lo popolano. È dura la vita quando hai tredici anni e ti sradicano dal tuo mondo in una cittadina diversa da quella dove sei cresciuto. E il responsabile è quel perfido di Dave Cousins, travolgente e spiritoso autore di Aspettando Gonzo, romanzo che vede un perspicace adolescente alle prese con gli stravolgimenti della recente sistemazione in quel di Slow-come-si-chiama. Nel primo giorno di scuola, riesce a farsi ridicolizzare dall’intero istituto; a rendersi nemica una vicina, la coetanea Isobel, che gli sguinzaglia contro il suo cane; a procurarsi una ferita da cinque punti di sutura; a finire quasi sotto l’auto della sua stessa mamma e a farla uscire fuoristrada. La nuova casa puzza di muffa e di vecchio. Dai rubinetti escono zampe di rana e frammenti di anfibi spezzettati, una goduria. Come se non bastasse, la sorella maggiore diciassettenne è incinta del suo ex boy friend e Kris, il ragazzo-papà, si è dato alle gambe. Sta di fatto che Gonzo, il gamberetto gommoso a forma di alieno che sta nella pancia di Meg ed al quale Oz racconta tutte le sue avventure, rischia di non venire alla luce ora che i genitori hanno saputo. Gonzo, che peccato! E dire che gli rispondeva, nella sua mente. Dove ti trovi? Sto bene, è come stare sempre nella vasca da bagno, solo che l’acqua resta sempre calda. E a volte pensa di vederlo, come un bambino di sette anni un po’ sfrenato, coi capelli tinti di blu. Meg ha un appuntamento per l’interruzione di gravidanza, ma decide di non presentarsi. Ha scelto di andare avanti. Gonzo è salvo ed è l’unica cosa che conta nella vita di Marcus, più dei dispetti feroci che gli infligge Gareth, più dei pasticci che Oz stesso combina involontariamente ai danni del paziente Ryan, più della mutua avversione nei confronti di Isobel “Psycho” Skinner, più delle battute feroci dei compagni di scuola. Ma l’eroe è lui. È per le sue osservazioni che la sorella ha deciso di tirare avanti. Lo sai che Gonzo ha già i capelli? Che è un bambino, non un ammasso di cellule? È orgoglioso di essere riuscito a farle capire che G è una persona. E le cose cambiano, nemmeno troppo lentamente. Psycho continua ad essere sempre rigida con lui, ma non troppo, sono un ragazzo e una ragazza, le scintille fanno presto a scoccare. Con Ryan la pace è fatta, ora che Oz tollera la sua passione per i Beatles e per i giochi di ruolo fantasy. Finalmente, arriva il G-day, in anticipo sui tempi biologici. Unità di cura intensiva neonatale: in un box di plastica, accanto a una Meg sfatta, seduta su una sedia nell’angolo più lontano, c’è una cosa non più grande di una scarpa da ginnastica. Solo che è rossa, non blu. Sta bene? Il dottore ha detto che per i primi giorni le servirà ancora un po’ di aiuto per respirare e che sono necessari ancora altri esami, ma tutto sommato dovrebbe stare bene, risponde la neo mamma. “Le” servirà? Perchè tutti lo guardano, trattenendo le risate? Non è Gonzo. È Georgina, Gina. Non è bella? Tutto è bene quel che finisce bene, parola dello zio Marcus, per gli amici Oz, detto “mutanda”. Perchè “mutanda”? È una storia lunga, ma è anche deliziosa, tenera. E divertente.