Sinfonia Leningrado, di guerra e di musica |Di Sarah Quigley
Prima opera pubblicata e tradotta in Italia di un’attrice neozelandese finora del tutto sconosciuta, ma che di certo tornerà a far parlare dei suoi libri, se quelli che scriverà saranno paragonabili a questo.
L’Operazione Barbarossa
Leningrado 1941. I tedeschi sono arrivati alle rive del fiume Neva e cingono la città in un lungo ed estenuante assedio, riducendo la popolazione alla fame e privandola di ogni umanità. Eppure c’è qualcosa che sopravvive alla barbarie: la musica. L’orchestra radiofonica di Leningrado continua a suonare, esercitandosi sulle note della settima sinfonia di Shostakovich, perché le note diano nuova linfa e coraggio agli animi afflitti dei russi. Due giorni prima che il sipario si alzi la storia si interrompe, e non a caso. Si tratta di una precisa ed efficace scelta narrativa che avvicina il linguaggio del romanzo a quello della fiction. I personaggi, Eliasberg, il direttore d’orchestra; il violinista Nikolaij; e la dolce figlia violoncellista Sonia; Shostakovich, il grande compositore russo si muovono sulla pagina come sul set. Forse non dovremo aspettare molto prima che questo romanzo diventi un film. L’autrice, nata in Nuova Zelanda nel 1967, laureata in inglese ad Oxford, si è molto documentata sull’assedio della città sovietica che duro ben 900 giorni, causando la morte di oltre un milione di persone fra il 1° settembre del 1941 e il 18 gennaio del 1944. L’Operazione Barbarossa, la più imponente azione offensiva bellica mai messo in campo nella storia, avrebbe dovuto concludersi, secondo le intenzioni tedesche, con la sconfitta e la conquista dell’immenso territorio russo. All’interno di questo contesto storico, la nostra autrice ha inserito il suo racconto ambientandolo sulle rive del fiume Neva ed offrendoci la descrizione lucida e realistica di una popolazione allo stremo, afflitta dal freddo insopportabile e dal caldo soffocante, preda della più profonda abiezione, nulla escluso, neppure il cannibalismo, ultima arma contro una morte certa.
La forza della musica
Anche i personaggi sono davvero esistiti, tranne Nikolaij, anche se è evidente che, se alla vita intima del grande maestro si accenna soltanto, intorno alla vicenda umana di Eliasberg molto si tesse e si romanza per dargli uno spessore che ne faccia l’anima centrale e pulsante del romanzo. Figlio di un calzolaio, di salute cagionevole, destinato a cucire scarpe, si oppone con odio al padre e vede nella musica che tanto ama la sua unica occasione di riscatto. Per essa accetterà di passare la sua vita ad accudire una madre sempre più vecchia e lontana, rinuncia ad una donna, ma continua, fra le macerie di una città e di un popolo, a suonare ed impone, con apparente indifferenza e violenza, a ciò che resta dei suoi musicisti, di provare ogni giorno perché la settima Sinfonia possa essere eseguita. Solo quella musica potrà dare la forza al popolo russo, dinanzi alla magnificenza della prospettiva Nevskij, di non piegarsi come accadde nel 1812 di fronte alla “Grande Armee” di Napoleone Bonaparte. Stavolta la musica salverà il popolo russo ed Eliasberg possiede lo strumento salvifico, lo spartito di quella composizione che lui mai avrebbe saputo o potuto scrivere così come aveva fatto il più bravo e il più odiato dei suoi compagni di Conservatorio… La Sinfonia n. 7 in do maggiore di Shostakovich fu composta realmente lontano dalla Russia, dopo che il compositore e la sua famiglia furono allontanati per salvarli, e venne eseguita per la prima volta nel ’42. Molti russi ancora oggi credono che la loro insperata vittoria sia in parte dipesa dalle emozioni suscitate da quella musica. Di quella prima esecuzione, come già abbiamo detto, non si parla, noi restiamo lì ad attendere che il sipario si apra, ma la scrittrice lo lascia chiuso ed è probabile che non pochi lettori, chiuso il libro, vadano ad ascoltare la Sinfonia n. 7. Si può ancora pensare che la Quigley non abbia fatto centro?