Il lato oscuro del cuore, intervista a Corrado Augias
Nel panorama delle recenti pubblicazioni, molte delle quali pensate ad hoc come strenne di Natale, si distingue Il lato oscuro del cuore di Corrado Augias, edito da Einaudi. Del romanzo-saggio abbiamo già pubblicato la recensione e l’autore ha una lunga e meritata carriera che lo contraddistingue.
La sua estrema signorilità mi ha permesso di intervistarlo a proposito di quest’ultimo lavoro.
Il libro Il lato oscuro del cuore è un romanzo giallo. L’enigma e il mistero che avvolgono la morte di una guardia giurata e il coinvolgimento della moglie Wanda attirano il lettore dall’incipit all’ultima pagina. Ma lei non si è limitato a scrivere un noir. Esso è un pretesto per altri approfondimenti: la psicanalisi e l’isteria femminile. Come mai ha voluto intersecare due argomenti così lontani?
Da sempre mi sono occupato, sia come economista sia come cronista televisivo e anche nelle prime esperienze di scrittore, di delitti e crimine perché sono affascinato dalle motivazioni sfuggenti e indecifrabili che spingono l’essere umano a delitti efferati. La cronaca di ogni giorno (ultimi esempi Cogne e Ragusa) è piena di storie criminali che apparentemente sono motivate da elementi futili e semplici ma in realtà, scavando a fondo, spinte da motivazioni profonde e soprattutto misteriose che vanno oltre il primo impatto logico-emotivo. Questo è sicuramente uno dei lati affascinanti o spaventosi delle creature umane.
Come altra motivazione, avevo intenzione di scrivere un saggio sul passaggio medico-scientifico tra la terapia del corpo fisico e la terapia della mente che è quello tra la fine dell’800 e i primi del ‘900. Poi mi sono reso conto che in realtà esistono già molti saggi bellissimi sull’argomento ed io, che non sono uno specialista, non avrei aggiunto nulla di nuovo. Allora ho pensato, come lei giustamente ha notato, di mettere insieme le due cose spinto anche dalla frase dello scrittore inglese E.M.Forster: “In un’epoca dominata dall’immagine, una struttura narrativa a suspence è uno dei pochi strumenti in grado di coinvolgere ancora il lettore“. È sotto gli occhi di tutti il proliferare della letteratura e delle trasmissioni televisive su questo sfondo narrativo, sia perché risponde al bisogno di sapere del pubblico, sia perché assicura, per chi le fa, un’audience di successo.
Tre vite di donne nel romanzo – Clara, Wanda e Deborah – messe a confronto con eroine della psicanalisi e delle letteratura del primo Novecento, come la Signorina Else di Schnitzler, Sabine Spielrein, Blanche Wittman. Come mai ha scelto questo percorso e perché ha centrato l’attenzione sull’isteria femminile?
Gli albori della terapia della mente sono avvenuti in primis sulle donne. Medici uomini analizzavano pazienti e, sorvolando ora sui costumi, la repressione sessuale degli anni e la cultura in genere del periodo, tali donne con disturbi mentali venivano catalogate come isteriche. Il termine Hystéra deriva dal greco e vuol dire utero, quindi la malattia nasce come una definizione femminile per eccellenza. Mettere a nudo una mente non è molto diverso dal mettere a nudo un corpo, e quindi tra analista e paziente si creavano rapporti anche molto torbidi di attrazione reciproca previsti anche dai manuali. È noto il termine transfert che indica l’attrazione tra paziente e medico e controtransfer tra medico e paziente. Le donne vere della storia del mio libro sono messe a confronto con quelle dei testi clinici classici perché la nostra Clara (la protagonista specializzata in psicoanalisi, nda) per la prima volta nella sua vita si trova a doversi confrontare non con i testi per affrontare l’esame ma con una donna viva e vera, che le pone domande anche sulle scelte future da compiere, assumendosi delle responsabilità. La realtà quotidiana è ben diversa da quella delle pazienti storiche, perché ora tocca a lei essere l’analista e affrontare la situazione con le mosse giuste. Alla domanda di Wanda “Lei che farebbe?” non solo Clara non risponde, ma non è sicura di aiutare la sua paziente a trovare in se stessa la soluzione, ciò che è appunto il ruolo di un bravo analista.
Le donne di cui si parla nel romanzo sono vittime della società, dei costumi, di uomini violenti o sono in parte anche complici della loro debolezza e inquietudine? Quid est veritas?
Questo aspetto è stato messo in luce anche lo psicanalista Recalcati. Deborah, una ragazzina sottoproletaria abusata e Wanda, una donna umile malmaritata che entra in un giro di prostituzione, sono donne violate dai loro uomini di cui credono di essere innamorate.
Nell’abuso nasce anche una componente di complicità e ciò è saggiato nei libri. Tra aguzzino e vittima, carceriere e prigioniero si crea sempre un rapporto di timore, di soggezione ma anche di empatia, vicinanza e dipendenza definita Sindrome di Stoccolma. In apparenza inspiegabile, ciò avviene perché l’animo e la mente umana hanno meandri insondabili. Ci sono miliardi di connessioni al secondo che noi facciamo, che andarle a decifrare è impossibile.
Il lato oscuro del cuore, in fondo, qual è?
È quello che ognuno cova in se stesso. Ogni creatura umana ha una parte della sua mente e del suo sé che non conosce e che non controlla. È quello che Freud chiama il rimosso, e quando questo è stato rimosso a seguito di un trauma scatta la nevrosi, che si cura facendola riemergere e venir fuori a livello di coscienza. Il lato oscuro del cuore è quello che ognuno di noi ha ed è l’inconscio, e si cura con la terapia psicanalitica obbedendo al motto dell’oracolo di Delfi “Conosci te stesso“.
Annalisa Andriani azandriani@gmail.com @azandriani