Homo videns, il pericolo dei nuovi media
La grande protagonista (o, per meglio dire, antagonista) di Homo videns (Editori Laterza, pp. 166), è la televisione. La tesi di Sartori è che la televisione non solo sta causando un impoverimento culturale senza precedenti ma, soprattutto, sta anche cambiando, negativamente, il modo stesso in cui l’uomo interpreta e comprende la realtà.
Le nuove generazioni crescono di fronte allo schermo del televisore, familiarizzando con il video ancor prima di imparare a leggere. La conseguenza inevitabile è che la struttura cognitiva dell’uomo del terzo millennio si conformi a questo nuovo modo di ricevere informazioni: si passa dal primato della parola a quello dell’immagine. Caratteristica precipua dell’homo sapiens la sua capacità di astrazione, la possibilità, unica nel mondo animale, di interpretare il mondo attraverso il ragionamento logico; l’uomo formato dalla televisione, invece, si limita a guardare. Per lui l’unica cosa importante è l’immagine: ma l’immagine è piatta, non si spiega da sola, né richiede l’uso di una capacità di pensiero più o meno raffinata.
L’homo videns è questo: un uomo disabituato a pensare in maniera logica, che ha perso la possibilità di formulare pensieri astratti e si adagia nel vuoto del video-vedere. È un eterno video-bambino incapace di crescere. Ma l’influsso erosivo del mezzo televisivo non si ferma qui: l’homo videns smette di essere un animale politico. Si può parlare, semmai, di video-politica, della politica fatta in, e soprattutto a misura di, uno schermo televisivo. È la politica dei sondaggi, degli spot pubblicitari, della falsificazione e dei fatti taciuti. Una politica che non forma più cittadini, competenti e capaci di compiere scelte elettorali responsabili e sensate, ma solamente una folla di menti atrofizzate e conformate. Lo scenario che ci prospetta Sartori è quella di una massificazione culturale che è una regressione cognitiva e antropologica nel senso pieno del termine.
La critica
Homo videns è un libro a metà strada fra un saggio di divulgazione e un pamphlet rabbioso e caustico. Sartori esprime con uno stile elegante e limpidissimo una critica feroce e a tratti (mi sia permesso di dirlo) un po’ miope alla società dei nuovi media (che per noi tanto nuovi non sono: il libro, infatti, è del 1999).
La multimedialità è vista con sospetto, se non con astio; Internet è una frontiera, ma negativa; l’informatizzazione è ammessa come inevitabile, ma è uno spettro da esorcizzare. L’autore non pare stigmatizzare l’uso sbagliato che si fa del mezzo televisivo, quanto piuttosto il mezzo in sé. Non c’è discrimine fra televisione utile o dannosa: entrambe, a lungo andare, portano all’homo videns. Sta qui forse il punto controverso dell’argomentazione del saggio. La tesi di Sartori è ben costruita, e se si ammettono le premesse è impossibile scardinarla. Le critiche alla ristrettezza mentale causata dal mezzo televisivo sono fin troppo condivisibili (tanto da risultare a volte scontate): ma siamo sicuri che non esista uno spiraglio per un uso positivo delle nuove forme di comunicazione, che incoraggi e non anestetizzi il pensiero?
Homo videns è un libro interessante per i problemi su cui porta a riflettere. In alcuni passi si avverte qualche anacronismo inevitabile, ma il nucleo della discussione (per l’homo sapiens che non ha disimparato a leggere e a pensare) rimane attualissimo. Perché il video-bambino prospettato da Sartori è anche, e forse soprattutto, il figlio dell’era dei social network in cui viviamo.
Homo videns. Televisione e post-pensiero di Giovanni Sartori è disponibile per l’acquisto su Ibs a 6,38 euro.