Intervista a Filippo Pace: scrittore oltre il noir
Incontro con l’autore del noir C’era una volta la Rivoluzione, il lato oscuro della Costa Smeralda.
Tu dai una visione diversa della Costa Smeralda che siamo abituati a conoscere: come nasce questa scelta?
La Costa Smeralda che giornali e media danno in pasto alle masse addomesticate non è esiste, è oleografica, da cartolina, fasulla come il vuoto che molto spesso cela dietro la sua esibita sovrabbondanza. Qui sta l’errore storico, non averne capito grandezza e limiti: la Destra ne ha sempre fatto un luogo di conquista con le sue torme, poco avvezze all’umanesimo e alla Cultura, con le sue feste da cafoni travestiti da V.I.P., con le sue starlette in disarmo, i calciatori analfabeti, i tristi panzoni annoiati e cocainomani; la Sinistra non ne ha colto le grandi possibilità di far crescere e dare risorse e lavoro a una gran quantità di persone di tutta la Sardegna, ammorbandoci con demagogia ipocrita e fruste parabole da socialismo da avanspettacolo. In questa farsa ho voluto dire la mia e ambientare la mia storia, era ideale per prendere in giro tutti, ma allo stesso tempo trasfigurare la Costa Smeralda in un luogo altro, nel quale si confrontano sentimenti primari e vengono risolti in maniera mitica, come in una favola o in un western.
Il suo romanzo tocca più passaggi storici: avresti voluto sviluppare maggiormente questi aspetti?
Avrei voluto svilupparli di più, ma non era possibile. Il ritmo narrativo che avevo pensato me lo impediva, volevo un romanzo breve, veloce, che abbracciasse un vasto periodo e non spiegasse nulla, ma che alludesse.
Perché un Noir?
Il Noir permette, oltre alla eventuale ricerca di verità propria del Giallo, l’analisi di sentimenti e situazioni, la descrizione di ambienti: tutto ciò che concorre, insomma, a creare una tensione conoscitiva e, soprattutto, analitica delle azioni dell’uomo. In me il genere ha sempre esercitato un’indubbia fascinazione. Poi c’è un altro motivo che mi ha portato a scegliere il Noir: il mio primo romanzo, La ballata della regina senza testa, era di genere fantastico, il prossimo sarà magari un thriller o un romanzo psicologico. Mi piace cambiare!
Quali sono i tuoi scrittori di riferimento (contemporanei e non).
Fra i contemporanei il mio preferito è Jonathan Coe, soprattutto per La casa del sonno, il suo capolavoro, insieme al compianto, insuperabile Gabriel Garcia Marquez. Fra i classici Ariosto, Tasso, Parini, Svevo, Flaubert, Tomasi di Lampedusa, Sciascia.
Come è nata la scelta di affidare la copertina a Verdirosi?
Verdirosi ha sempre prestato attenzione ai pagliacci, alle maschere, alla ricerca del sé. Che cos’è l’uomo di oggi, specie quello italiano, se non una maschera, un pagliaccio che non sa chi sia? Tutto ciò ricorre nel mio romanzetto. Verdirosi è un signore, non solo un maestro: non ha voluto nemmeno una lira dall’editore per la sua copertina. A contattarlo è stata mia moglie, la quale, nel 1999, era stata oggetto di un suo bellissimo, meraviglioso ritratto. Grazie ancora, maestro!
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