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Sull’isola d’Elba si racconta la leggenda di Vantina e Napoleone

vantinaChi la vorrà più, adesso, Vantina? Sono entrati in tre nel capanno, disertori della guarnigione dell’isola d’Elba. Quando è uscita, la ragazza sanguinava da un labbro e aveva la veste lacera. “Non mi hanno fatto niente”, ha detto alla nonna marsigliese. Avevano solo fame. Se l’hanno malmenata era perché volevano sapere se nascondeva dei soldi. Nemmeno un paio di giorni dopo, sono stati impiccati, ma Ortensia vuole credere alla nipote. Papà Vantini, proprietario di un podere al Poggetto, la chiama Enrichetta, ma per tutti in paese è Vantina. Vantine, come lo pronuncia Marcel Lefebvre, il bel capitano di artiglieria dell’Armèe. Perché sull’Elba, due anni dopo, nel 1814, è sbarcato l’Imperatore Napoleone, sconfitto ed esiliato dalle potenze europee. È così che nella fertile fantasia di Mino Milani la leggenda elbana della figlia di Mastro Vantini e della protesta delle tasse di Capoliveri diventa il romanzo “Vantina” (130 pagine 12 euro), pocket delle edizioni Barion, un marchio storico rilanciato da Mursia.

Sedici anni al momento del fattaccio. Occhi neri scintillanti, labbra rosse, non c’era uomo che non la guardasse al mercato, dove vendeva le ceste di vimini che intrecciava con le sue mani. Ma anche se non l’hanno toccata, quei tre l’hanno avvelenata, pensa nonna Ortensia. Un veleno che agisce soprattutto sugli altri, sulla gente. Per loro è stata violata. È segnata. Al “povera Vantina”, sono subentrati i sorrisini, gli sguardi complici di uomini e donne. Sulla giovane l’effetto è pesante. Erano in guerra con lei? Sarebbe stata una guerriera. Se il mondo non la voleva, lei non avrebbe voluto il mondo. È cambiata, si è fatta ancora più forte. Il cuore si è indurito.

Il parroco manda al Poggetto un giovane pescatore, a chiederla in moglie. Puzza di pesce, balbetta, però ha due barche, una bella casa, della buona terra e lavora sodo. Una proposta chiara: sono fatti l’uno per l’altra, nessuna vuole lui, nessuno vuole lei. Vantina prende tempo per rispondere.

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Nel frattempo, l’uomo che ha dominato il continente è ristretto all’Elba. Il sovrano d’Europa, ora è solo il re dell’isola. Le sue truppe riportano l’ordine, ma circola una brutta notizia: Bonaparte vuole raddoppiare le imposte fondiarie. Capoliveri non ci sta. Esplode il malcontento e sul colle vicino viene schierata una batteria di cannoni da 12 libbre, puntati contro le case. Bisogna trattare con l’imperatore, chiedergli di togliere le tasse o almeno ridurle di due terzi. Occorre una persona con quattro requisiti: che sia estranea alla politica, parli in francese, abbia coraggio e riesca a interessare Sua Maestà. È Vantina il candidato perfetto per rappresentare la comunità. Ha tutte le doti: la nonna le ha insegnato la sua lingua, è “selvaggia”, è donna, come tale non desta sospetti di trame e si sa che Napoleone apprezza le belle ragazze.

Così sarà. Trasportata in carrozza a Portoferraio, un giorno di anticamera, un incontro casuale, una notte nel Palazzo con l’Empereur, tutt’altro che quel basso nanerottolo calvo che si aspettava. Non alto, ma magnetico e con due occhi penetranti, che scavano dentro l’interlocutore. Alla fine, i cannoni vanno via dall’altura e il popolo crede di poter festeggiare la scampata esazione aggiuntiva. Ma le tasse, in realtà, non se ne vanno affatto. Le imposte non sono messe a capriccio, dice Bonaparte: servono per fare opere pubbliche, scuole per i bambini, strade e porti per gli elbani, che potranno muoversi meglio, commerciare e diventare più ricchi. E il sovrano assegna anche un marito alla giovane, proprio il capitano Lefebvre.

Vantina deve scegliere. Il suo sogno sarebbe andare a Marsiglia. Marcel però le promette Parigi, dove una bella moglie aiuta a fare carriera. Sebastiano le garantisce una vita tranquilla all’Elba, lui andrà per mare lei intreccerà ceste per il pesce e accudirà i figli. Farà una scelta, ma nel suo cuore resterà una voce decisa, uno sguardo penetrante, l’amore di una notte che resterà il ricordo di tutta una vita.

Autore: Krauss

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