Tracce di morte, Tim Weaver: un thriller che incolla alle pagine
Ogni anno nel Regno Unito scompaiono 200mila persone. 80mila nella sola Londra. Megan Carver è una di queste. Diciassette anni, ragazzina attraente, bei capelli biondi lunghi. Intelligente, studiosa. Una famiglia unita, agiata. Manca da sette mesi. Nessuna ragione per andarsene. Nessun fidanzato, secondo mamma e papà. Una brava studentessa, coscienziosa, con un futuro, la più improbabile fuga da casa che potesse capitare a David Raker, alla seconda indagine nel giallo “Tracce di morte”, di Tim Weaver, edito da TimeCrime. Era un giornalista, inviato di guerra. Da due anni, rimasto vedovo, si occupa di cercare persone scomparse. I genitori di Megan si sono rivolti a lui perché la polizia non va avanti di un millimetro. L’hanno accompagnata a scuola. È entrata. Dopo pranzo ha seguito la prima di due lezioni. Quando sono andati a prenderla, non è uscita. Per un po’ tutto bene. Raker interroga, investiga, incontra, incrocia, collega e si accorge che la mamma, Caroline, gli nasconde qualcosa. La affronta, la accusa. Lei lo mette alla porta. Il padre è furibondo: “ha insultato mia moglie!” e gli revoca l’incarico. Ma un’amica della ragazza lo chiama, non ce la fa più a nascondere il segreto: Megan era incinta. Intanto si inserisce tra un capitolo e l’altro l’angosciosa esperienza di una bella donna, Sona, sequestrata con la complicità dell’amante e trattenuta in un misterioso interrato, trattata crudelmente, al buio. Il colpo di scena dello stato interessante nascosto al detective – ma anche al padre – rimette il detective in corsa. Esaminando i video della telecamera di sicurezza del pub preferito dalla comitiva di Megan, si accorge di qualcosa sfuggito agli agenti: un uomo bianco con gli occhi scurissimi la fissa insistentemente. Un atteggiamento non casuale, la punta letteralmente, come il cacciatore con la preda. È magro, pallido in un modo inquietante. Ha un aspetto ultraterreno. Somiglia a un assassino seriale giustiziato nel 1906. Le frequenti convocazioni nella sede della polizia – fanno di tutto per ostacolarlo – gli fa apprendere della scomparsa della figlia ventenne di un poliziotto tre mesi prima della Carter. E non è la sola. Donne sparite, età diverse, ma stessa corporatura media, stessi capelli biondi, stessi occhi azzurri. Tutte simili. E tutte collegate. Prende forma un crimine che sembra ignorato dagli inquirenti ufficiali. Col suo zelo appassionato, Raker è molto efficace e qualcuno si vede costretto a fermarlo. Viene addirittura arrestato, con l’accusa di aver sequestrato Megan, perché il suo appartamento è stato riempito di prove compromettenti. Si difende, rivela parte di quello che la polizia non ha saputo collegare e viene rilasciato su cauzione, in attesa di accertamenti. Di fatto, senza accuse. Vittime collegate, eventi collegati. Le coincidenze non esistono, per David, che risale a un misterioso sito ecologista, decisamente minimale, appena abbozzato, con una fila di numeri incomprensibili in basso ad una pagina di login, l’unica che si apre. In poche, facili battute – ben chiare anche ai lettori – risale e al soggetto che ha rapito la ragazza e al modo in cui lo ha fatto. Risulta un sequestro per interposta persona. Ma ora basta. Stop. Questo è un thriller troppo bello per guastarne la lettura con anticipazioni inopportune…
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