Il gioco dell’inganno di Adele Vieri Castellano
Fine del 1700, terraferma della Serenissima Repubblica di Venezia. La bella baronessina Marianin ha meno di vent’anni, un gran carattere e due amori: i cavalli e la cultura. È legata anche al padre, sebbene questi voglia darla in sposa al figlio del conte Lamberti. A lei Adelmo non va, è un bel ragazzo, però pieno di vizi, depravato e non ha mai letto un libro, a differenza di Lorenza, che li adora. L’anziano aristocratico, vedovo, sa di avere il cuore traballante e ha paura che senza eredi maschi i beni di famiglia finiscano in mani sbagliate, se dovesse morire prima del matrimonio della figlia unica. E nozze saranno, però in bianco – non solo per la sposa, comunque – causa di un grave comportamento del contino bellimbusto, sventato da una “bauta” (una maschera), durante il Carnevale veneziano del 1796. A salvarla, un uomo coraggioso, il volto celato, mani forti e ben curate. L’ha sottratta a due violenti, li ha messi in fuga dopo una dura lezione e non le ha nemmeno detto il suo nome. Nelle sue braccia, però, Lorenza si “sentiva sicura”. È una donna giovanissima, sembra fragile ma non demorde. I suoi principi sono saldi e moderni: non vuole vivere sottomessa ad un uomo che la tradisca ogni notte. È l’ennesima controparte femminile da ricordare, nelle storie di Adele Vieri Castellano, che dalla Roma imperiale si è spostata all’età napoleonica, sempre per Leggereditore. Il romanzo è “Il gioco dell’inganno” 472 pag. 10 euro.
, una benda nera sull’occhio, una lunga cicatrice sul viso. In avvio lo si vede salvare la vita a un promettente generale della Rivoluzione. Poi, mascherato, giungerà per tempo nelle calli a difendere la virtù della ragazza, che tuttavia non riconosce nello sconosciuto il chiacchierato vicino, dotato di possedimenti sconfinati ma anche accompagnato dalla fama di gran libertino. Invece, sono la stessa persona.
È una vicenda da bella e la bestia, anche se il conte Barbieri non ha la speranza di ritrovare lineamenti intatti a fine racconto, per magia. Poco male, lo sfregio gli dona un fascino enorme. È di fatto un cavaliere medievale, senza paura, sia pure non senza qualche macchia e nell’episodio violento durante il Carnevale veneziano è conquistato dal coraggio della baronessina, lineamenti delicati, pelle candida. Quanto al deprecabile Adelmo, tradito da un anello baluginato nella tentata violenza, è bandito dal letto nuziale, anche se tenere testa ai suoi assalti si fa ogni giorno più difficile. Devoto consorte in pubblico, la notte rivendica furiosamente diritti di talamo che gli vengono giustamente negati.
Una curiosità. Evitando al barcollante passante parigino di finire sotto la carrozza che stava per investirlo, all’alba di una giornata del 1794, Jacopo ha cambiato senza saperlo la storia d’Europa. L’ufficiale che ride a crepapelle, ubriaco perso, si chiama Bonaparte. A Parigi, in quei tempi, la ghigliottina recide mille teste al mese, ma di lì a poco Napoleone sacrificherà intere generazioni di soldati in due continenti.