“Venite, hanno ucciso il farmacista del paese”
“Centotredici… sono la Giacomina. Il dottore è morto… C’è sangue dappertutto…”. Il farmacista del paese è stato ucciso, in maniera efferata. Legato a una sedia e macellato ritualmente, 67 coltellate, 29 letali, un occhio espunto, la villa a soqquadro. Incipit da elettroshock per il secondo titolo delle Storie di una procura imperfetta, di Roberta Gallego, trevigiana, autentico sostituto procuratore. Dopo l’esordio (“Quota 33”, Tascabili degli Editori Associati, TEA, 2013) è tornata, con “Doppia ombra” sempre TEA libri, 282 pagine 13 euro.
Una provincia movimentata quella di Ardese, che fa da scenario all’omicidio nella ricca abitazione. Un Suv sospetto corre di bocca in bocca tra la gente, sarebbe stato visto nei pressi di luoghi dove ha fatto irruzione una banda di extracomunitari. C’è qualcosa che stona, però. Un particolare anomalo, mica da niente: un prezioso anello d’oro con zaffiro birmano, ignorato da chi ha commesso il delitto. E poi, se la crudeltà degli aggressori ricorda quella di una rapina precedente in zona, le analogie non sono poi simili al vero episodio criminale (una rapina ferocissima, con tortura e omicidio), ma a quello che i giornali hanno raccontato del caso Alabastri. Si direbbe che la stampa sia la vera fonte degli assassini di quest’altro delitto. Ed anche l’unica.
Ovviamente si scandaglia la vita privata della vittima, ricavandone poco però, alla fine: l’ex moglie era in rapporti inappuntabili e il figlio vive a Londra. Certo, il dott. Fulvio nascondeva un segreto, come si scoprirà, ma è sempre il caso di fare attenzione all’effetto Fata Morgana, una specie di miraggio, un’immagine che sembra stagliarsi all’orizzonte, in certe condizioni di rifrazione della luce nell’aria. Qui, spiega il procuratore Speranza, “l’effetto che muove le azioni, che determina molte omissioni, è la proiezione soggettiva dei nostri sogni e paure contro l’orizzonte interiore”. A volte, il sentimento distrae i sensi e induce a credere che stia avvenendo qualcosa che si desidera ardentemente. O che si teme profondamente.
La Provincia di Ardese è immaginario immaginaria, potrebbe essere dovunque e da nessuna parte (ma sa di Nord, chissà perché, profondo Nord). Di certo, nasconde scheletri nell’armadio, mica per dire. Sono quelli degli anziani di una apparentemente irreprensibile casa di riposo. I più longevi resistono, mantenuti in condizioni tremende nei sotterranei degli orrori. Anziani pensionati reclusi, vittime quindi, ma ci sono a che i colpevoli. Anarchici insurrezionalisti a piede libero, padri indagati per violenza sessuale e madri per simulazione di reato. Da quelle parti non si fanno mancare niente, nemmeno un funerale vichingo – una barca in fiamme, sull’acqua – e un traffico di animali esotici. Procura e Polizia entrano in azione e c’è pane per i denti dei tre modelli-tipo in cui si dividono gli inquirenti, secondo il parere della loro collega Gallego: quelli che sono magistrati perché ci credono; quelli che fanno i magistrati solo perché è un lavoro; quelli che si sentono magistrati, perché hanno ricevuto un’investitura e ci devono credere tutti gli altri. Dopotutto, è la solita musica delle professioni viste come missioni: chi è, chi ci fa e chi crede di essere.