Alfabeto Figurativo: trenta opere d’arte descritte ai più piccoli
La Gioconda non è bella perché molto famosa, ma è famosa perché molto bella. Affermazione efficacissima quella di Tomaso Montinari e di una semplicità assoluta. Non a caso, è rivolta soprattutto ai bambini. Apre, infatti, uno dei trenta, brevi, agili testi dell’antologia “Alfabeto figurativo”, un volume che il quarantatreenne docente dell’Università di Napoli Federico II (storia del patrimonio culturale) ha pubblicato per Skira Kids (108 pagine a colori, 15 euro).
Il fascino del capolavoro di Leonardo è spiegato da Montinari ai giovanissimi con originalità e immediatezza: il ritratto di madonna Gherardini, conservato al Louvre di Parigi, è tanto bello perché Monna Lisa sembra respirare davanti agli osservatori. Le pupille sono lucide e umide proprio come quelle vere, “”. Non si era mai vista una tecnica dal vero così sublime, applicata alla pittura. E il sorriso la fa sembrare una persona viva.
Non solo da Vinci e la sua opera tanto nota, anche quadri e affreschi meno popolari o di lettura più complessa, come le Maestà di Giotto e di Duccio da Boninsegna, il “Sogno di San Martino” di Simone Martini, il Raffaello della Stanza della Signatura nei Palazzi Vaticani. Non solo arte medioevale e rinascimentale: Delacroix, Magritte, Umberto Boccioni, tra gli altri. E non solo pittura, anche sculture (il Bacco di Michelangelo, un leone di Bernini) e bronzi: la testa Carafa di Donatello, il pescatorello di Vincenzo Gemito. E decorazioni marmoree, altorilievi di Luca della Robbia, fontane monumentali (l’Isola, nei Giardini di Boboli a Palazzo Pitti).
Un cenno a parte meritano le pagine dedicate alle grandi statue in terracotta di Niccolò dell’Arca, lo straordinario gruppo del Compianto di Cristo, nella Chiesa di Santa Maria della Vita, in centro, a Bologna. Montinari descrive una visita coi figli alla Cappella (già ospedale in passato). Indica le sette figure nella cappella laterale di destra: “vedete come sono belle? Sono gli amici di Gesù, disperati perché è morto”. Hanno a che fare con i quattro elementi vitali: terra, acqua, fuoco, aria, perché per farle, lo scultore mescolò della terra con l’acqua, plasmò la creta con le mani e “quando le ebbe dato queste forme meravigliose”, la fece cuocere in un forno. L’aria “gliel’ha data l’artista, è il vento che gonfia le vesti, i veli, i capelli. Proprio come Dio, quando soffiò nell’argilla, bagnata e modellata, per formare il primo uomo”.
Nel percorso tra tante bellezze dell’arte, Tomaso Montinari non trascura meraviglie urbanistiche come Piazza della Signoria e Palazzo Vecchio a Firenze, prodigi dell’architettura contemporanea (la stazione di Santa Maria Novella, sempre a Firenze), opere modernissime come la tomba di Giorgio Bassani, nel cimitero ebraico di Ferrara, realizzata da Arnaldo Pomodoro. E c’è spazio anche per l’arte che non c’è più e chissà se sarà recuperata: l’Aquila (luminosa ma desolante, nel volume, l’immagine della Chiesa delle Anime Sante in macerie) è stata altre due volte distrutta da un terremoto, ma ogni volta ricostruita. Dopo il sisma del 2009, invece, è da abbandonata cinque anni, con la gente spostata in case tutte uguali, senza piazze, chiese, palazzi. Senza arte. Una non città, a pochi chilometri da una città fantasma.