Intervista a Candido Bottin, autore del romanzo Pianura
Ecco l’intervista a Candido Bottin, autore del libro Pianura.
Salve, le va di raccontarsi un po’ ai nostri lettori?
Naturalmente, anche se non credo di avere nulla di straordinario da dire, perché sono essenzialmente una persona molto semplice, che ama la sua famiglia e il suo lavoro. Sono un uomo di pianura, legatissimo alla mia terra, ma fra le mie passioni c’è anche la montagna e, naturalmente, i libri. Sono letteralmente affascinato dai libri e, se potessi, ne comprerei a decine, anche solo per il gusto di averli. Da un po’ di tempo cerco anche di apprezzare tutto quello che di buono viene dal quotidiano, perché ho visto che la vita è troppo breve perché si possa sprecare tempo dietro ad inutili e irrealizzabili illusioni. Certo la scrittura mi aiuta spesso a staccarmi dalla troppa routine che ci ingabbia per volare con la fantasia.
Nel suo libro racconta la storia di Carlo che ha le sue stesse origini. Quanto c’è di autobiografico nel suo romanzo?
Molto. Nel senso che il libro parla non di me direttamente, ma delle generazioni che mi hanno preceduto e del paese in cui vivo tuttora. C’è anche un legame familiare con Carlo e gli altri personaggi del romanzo, legame che rivelo verso la fine del racconto. Ma in fondo tutto ciò che ho scritto sinora, anche al di fuori di questo libro, si può definire autobiografico, nel senso che nessuna delle mie storie viene direttamente dalla fantasia, ma tutte partono dalla realtà vissuta e dalle mie esperienze.
Settant’anni di storia italiana. C’è un periodo storico o un avvenimento al quale si sente particolarmente legato? Per vicende familiari o racconti indiretti?
I periodi sono più di uno e questo è inevitabile per chi, come me, vive da alcune generazioni sempre nello stesso luogo. Tuttavia i due momenti importanti, che sono rimasti impressi più a fondo, anche se per ovvie ragioni anagrafiche, non li ho vissuti direttamente, sono le due guerre mondiali. Quando ero ragazzino erano ancora vive molte persone che avevano partecipato alla Grande Guerra e i loro racconti riempivano quasi tutte le serate invernali; me ne sono talmente appassionato che continuo a studiarla ancora oggi e anche il mio libro Il Confine trattava in gran parte di quel periodo. Anche la seconda guerra mondiale è sempre stata molto presente nella mia famiglia, per i tragici avvenimenti che direttamente hanno coinvolto il nostro territorio dopo il 25 luglio del 1943 e i cui segni sono rimasti visibili per molto tempo, tanto più che essendo io nato negli anni ’60 appartengo a quella generazione, che ha sentito la guerra come una cosa ancora vicina, proprio per la presenza intorno a sé di moltissime persone che l’avevano combattuta o anche solo subita.
I suoi libri hanno tutti e tre uno stretto legame con la storia. Come mai questa scelta?
E’ una passione che ho sin da ragazzo, come ho già detto prima. Il fascino della storia e del ritrovare sul territorio i segni che ha lasciato mi coinvolgono profondamente. D’altra parte ritengo anche che la conoscenza della storia sia di fondamentale importanza anche per la comprensione del mondo attuale. Credo anche che comprendere quanto è accaduto alle generazioni precedenti, ci possa aiutare a vivere in maniera più serena il tempo di oggi che, per quanto possa sembrare difficile, è, in realtà molto più facile di quello di una volta. Infine la storia mi affascina ancora maggiormente quando questa è calata direttamente nel luogo in cui vivo, anche perché questo territorio di cose da dire ne ha veramente parecchie.
Da qualche anno ha scoperto la passione per la scrittura, quali sono i suoi autori di riferimento?
Amo moltissimo tutti gli autori della letteratura italiana del dopoguerra. Tra di loro in particolare Mario Rigoni Stern l’ho assunto come modello anche letterario. Tra gli autori più recenti mi piacciono molto il primo Mauro Corona e Antonio Pennacchi, soprattutto per il loro legame con il territorio.