La Malafede di Renato Testa: l’indecenza del credere
Sulla sua esistenza Renato Testa non ha dubbi, è una verità, se non indiscutibile, almeno evidente. Dio non esiste. Questo il perno concettuale intorno a cui si articola il pensiero raccolto in La Malafede – perché è indecente essere cristiani di Renato Testa, edito da Gruppo Albatros e disponibile su IBS a soli €16,58 . La posizione dell’autore non lascia spazio ad ambiguità: “la ragione non è in grado di dimostrare l’esistenza di Dio. E neppure Dio costituisce l’oggetto di un’esperienza pubblicamente verificabile”.
Un approccio che evita l’equivoco della presunta utilità sociale delle religioni, sgombra il piano dialettico dalla trasformazione surrettizia del desiderio in realtà. E prende le mosse dall’annuncio nietzschiano della scomparsa di Dio. Al di là della sua esistenza, Dio non fa più mondo nella contemporaneità: “Che altro sono ancora queste chiese, se non le fosse e i sepolcri di Dio?”, affermava il maestro tedesco.
Così Renato Testa passa all’analisi dell’ateismo pratico, fenomeno dilagante nell’intero Occidente cristiano. Ciò è il risultato di un processo culturale e strutturalmente evolutivo, percorso “dall’impetuoso, impressionante sviluppo della scienza e della tecnica” che “ha insegnato all’uomo moderno a fare a meno di Dio”.
Osservazione senza dubbio fondata, che il mondo si sia trasformato “in un completo dominio della tecnica” ce lo ricorda lo stesso Heidegger, ma parziale nell’esposizione del mutamento che ha condotto alla costituzione della tecnica come mito. Ne parla molto chiaramente Galimberti, “la tecnica oggi è diventata il vero soggetto della storia, rispetto al quale l’uomo è ridotto a funzionario dei suoi apparati”. Una questione che riporta in primo piano l’insopprimibile bisogno dell’uomo di vivere nell’asservimento a una divinità, sia pure nel completo imperio della razionalità, come accade con la tecnica. Non è solo l’assenza della ragione a decidere dell’approccio fideistico, l’uomo vuol sempre credere di credere.
Ma torniamo alle tesi di La Malafede. L’ateismo, seppur dilagante, assume forme molto diverse tra loro, e soprattutto non ha spesso contezza di sé. Da qui lo scopo dell’opera, o per meglio dire l’ambizione: “[ci rivolgiamo] agli uomini di sano e onesto intelletto, magari con l’ambizione di ‘salvarli’ da inganni e menzogne”. Per confutare l’esistenza di Dio Renato Testa si lascia guidare dal maestro Kant, con le sue prove ontologiche, cosmologiche e fisico-teologiche.
La nozione di Dio è poi posta in relazione a quella di animismo e finalismo. L’uomo religioso ha difronte a sé un universo regolato dalla natura interpretata come insieme di entità dotate di conoscenza e volontà. Uomo arcaico, uomo religioso, come incarnazione di un progresso cognitivo limitato, simile a quello dello sviluppo infantile. “Consapevolezza e intenzionalità sono per lui collegati se non addirittura fusi in un’unica esperienza globale”.
E sul parallelismo tra uomo primitivo e mentalità infantile è introdotto il concetto di mito, manifestazione del fascino esercitato da storie fantastiche e inverosimili. Equilibrio però interrotto dal passaggio da mito a logos, ossia dall’interpretazione del reale in chiave animistica a una sua spiegazione tecnico-scientifica.
Purtroppo riteniamo sia prematuro ascrivere l’attitudine fideistica e finalistica del pensiero umano al passato dell’evoluzione cognitiva. La scomparsa della natura come soggetto eminentemente regolatore del destino umano ci ha trasformati in entità capaci di manipolare il creato, sanzionatori di quella che una volta ritenevamo una madre, giudice di ultima istanza.
È chiaro quindi che il pensiero religioso abbia reso più complesse e sottili le sue forme, e con esse progressivamente condotto all’abbattimento delle religioni animistiche, centrate sulla natura. Adesso le difficoltà hanno abbracciato anche i grandi culti monoteisti. Ma tutto questo non prelude all’eclissi di un pensiero religioso, composto di fideismo e remissiva subalternità a un potere trascendente.
Infondo il piacere di una lettura come La Malafede è anche questo, impegnarsi nell’inappagabile desiderio del confronto, soprattutto con se stessi.
Maggio 17, 2013
Trattasi di una ricerca accurata, erudita ed esaustiva sugli aspetti fondamentali del fideismo in generale e del cattolicesimo in particolare. Il lavoro condotto con assoluta razionalità non indulge a luoghi comuni o su aspetti superficialmente folcloristici, ma si sviluppa con severo spirito critico-scientifico-documentale per approdare a conclusioni assolutamente rigorose e plausibili. Il tutto pervaso da un sottile spirito leggermente ironico che rende la lettura piacevole oltreché scorrevole per lo stile piano e comprensibile a tutti.