Volevo uccidere Gianni Morandi: recensione del diario di un’artista
Pagine dedicate alla tensione (quasi) morbosa per la realizzazione di un sogno, sbarrato da quelle difficoltà che separano anonimato e successo. È un cammino in salita scritto sotto l’effetto seduttivo di due passioni intrecciate, quella per la musica e per la scrittura. Volevo uccidere Gianni Morandi di Igor Nogarotto, edito da Eclissi e disponibile su IBS a soli € 13,60, è un romanzo che apre all’interpretazione dell’autore il suo percorso formativo di musicista.
Gianni Morandi è il perno simbolico dell’opera. Il cantante è infatti feticcio del desiderio di trionfo, figura eletta a mito di un appagamento frutto della realizzazione artistica. Ma come ogni idea totalizzante, Gianni Morandi si trasforma in una ossessione su cui esercitare la propria vendetta di musicista emergente, una soluzione alle proprie mancanze. L’immaginazione, senza esitare troppo, corre lungo quella linea sottile che separa il consentito del vietato: prima il rapimento per conoscerne il segreto del successo, poi la definitiva eliminazione del dio per sostituirsi a esso.
“Mai come in questo frangente, avrei bisogno che il nostro Supereroe arrivasse, sollevasse me e la mia auto con una calamita gigante e ci facesse atterrare appena qualche chilometro più avanti, all’uscita di San Lazzaro di Savena, per poi percorrere pochi minuti la Via Emilia e approdare alla meta”.
Volevo uccidere Gianni Morandi di Igor Nogarotto è il racconto di un animo a tratti schizofrenico, spesso autoironico, dalle sfumate letture riflessive. Un testo che si lascia apprezzare per la sua leggerezza e per il piacere della scoperta dell’io di chi scrive. È un’opera che tratta la comprensione del proprio se, dei limiti, delle contraddizioni emotive che dall’euforia conducono all’amaro gusto della sconfitta. Diario di un uomo e di un’artista.
Sono raccolte tutte le prove con cui Igor Nogarotto è chiamato a misurarsi nel mondo della musica, e non solo. Un racconto che, oltre a stimolare la voglia di sognare una storia possibile, può rappresentare una sorta di guida artigianale alla vita nel campo artistico, le cui conseguenze si riverberano sul piano puramente privato e umano. Forse anche per questo Volevo uccidere Gianni Morandi è divenuto un vero e proprio fenomeno mediatico, con 5.000 copie vendute appena in un mese dall’uscita.
“Ma le energie mi abbandonano…Scivolo. Cado. Perdo i sensi. Mi sveglio. Sono nel mio letto. Sudato. Stanchissimo. Inizio a prendere coscienza di dove sono, forse anche di chi sono…Ho tanta sete. Mi giro verso il comodino per abbrancare la bottiglia dell’acqua. Ma trovo un bicchiere di vetro, di cui non ricordo la provenienza. Mi avvicino per scrutarlo meglio. Dentro c’è il latte e in superficie vedo un puntino nero galleggiante, che sembra quasi stia nuotando per non annegare”.
Dal punto di vista formale gli elementi grafici si sposano in modo puntuale con i contenuti ironici del testo, un apporto rafforzativo, enfatico sul carico surreale. Trovano spazio inoltre intuizioni neologistiche, un alleggerimento importante, in certi casi, alla volontà di esplorare la propria dimensione introspettiva, insieme a molti retroscena dello spettacolo. Non vi aspettate quindi un procedere narrativo strettamente cronologico, i nessi centrali all’elaborazione dell’opera sono piuttosto costituiti dagli inevitabili disinganni, dalle aspettative deluse e premiate dal destino. Un destino d’artista.
Maggio 2, 2013
Davvero curioso questo libro e sembra interessante. Morandi cosa ne pensa?!