Marxist Machine di Pat Gawley | Uhu Bücher, 2013
Marxist Machine, nuovo lavoro di Pat Gawley, da poco uscito per Uhu Bücher (2013), si configura come un agile manualetto di sopravvivenza contro i luoghi comuni, composto interrogando il robot di Google su tre temi portanti, identificabili con altrettante parole chiave: “jesus”, “christ” e “marx”.
Pur continuando nell’esplorazione di forme virali di scrittura, già iniziate nei chapbook precedenti e consolidate nella forma di sought/found poems, Gawley compie un definitivo passo verso la possibilità di saldare finalmente la scrittura di ricerca a forme più accessibili (ma non per questo più scontate) di leggibilità. Il lettore digiuno d’avanguardia non si troverà tra le mani un astruso codice da decifrare, né quello più attento ai meccanismi del testo dovrà scontare il solito annacquato lirismo di quella scrittura (prosa o poesia indifferentemente) che non osa schiodarsi dall’ordinario, per paura di cogliere di sorpresa i propri interlocutori.
Mettere in moto i 65 microingranaggi, che scandiscono il marchingegno di Gawley, significa partecipare con lui al gioco intrapreso con il caos di Google, sedersi di fronte a un mazzo di carte, mescolarle, gettarle sul tavolo e cercare di interpretarle, di costruirsi così una sorprendente prospettiva, miniaturizzando le cose sino all’esasperazione, o dilatandole nei loro risvolti più grotteschi.
La documentazione in appendice raccoglie tutto il materiale grezzo di partenza, quello scelto nella stesura finale e quello scartato, senza distinzioni. Si tratta di un atto di onestà intellettuale e di sfida al lettore, invitato a proseguire per proprio conto il gioco, a riscriverne le regole, dopo aver provvisoriamente accettato quelle di partenza, utili solo a dar l’avvio a un processo di scrittura (di “risonanza”, si potrebbe azzardare) che certo non può concludersi girando l’ultima pagina, volutamente vuota.