Lolito. Una parodia di Daniele Luttazzi
«Non ho alcuna intenzione di glorificare “Lolito”. Senza dubbio egli è orribile, è abbietto, è un fulgido esempio di lebbra morale; ma lo contraddistingue un misto di buffoneria e di ferocia che, nel suggerire un’infelicità suprema, contribuisce a rendercelo simpatico».
«Educare una generazione migliore per edificare un mondo più elegante: questo è il grande monito che sale dalle pagine del testo, questa la grande responsabilità che i tempi ci impongono, questa la grande sfida che ci attende. Tocca a noi. A ciascuno e a tutti».
La satira è il suo pane quotidiano, è uno di quelli che “non le manda a dire”. L’ultima volta che è apparso in tv è stato a Raiperunanotte ben tre anni fa; a seguire accuse di plagio e un lungo periodo di lontananza dalle scene. Ora, Daniele Luttazzi torna nella veste di scrittore con il suo Lolito. Una parodia, un romanzo satirico pubblicato da Il Fatto Quotidiano ed ispirato alla vita e alle opere di Silvio Berlusconi.
Nel suo stile tagliente e fortemente ironico, Luttazzi racconta la storia di Silvio Lolito, figlio della Milano bene che cresce fra agiatezza e opinioni politiche ben precise, dove fin da piccolo viene educato all’imprenditorialità, che lo porta a cominciare la sua scalata verso il successo lavorando dapprima in un circo e poi passando per tanti e vari impieghi. Arriva l’età dell’adolescenza e Lolito scopre le gioie del sesso: le donne diventano per lui una vera e propria ossessione, una morbosità, che lo portano ad essere un adulto sessualmente frustrato.
Finalmente giunge l’ascesa meritata (?) verso il successo, divenendo un imprenditore televisivo, ma non disdegnando la politica, che in pochi anni gli permette addirittura di concorrere e vincere le elezioni come Presidente del Consiglio.
Compresso con due piedi in una scarpa, diviso fra moglie ed escort, spaccato fra dovere e il preferito piacere, Lolito conduce le sorti del paese che l’ha eletto alla stregua della sua vita, un vero e proprio caso clinico. In confessione innanzi alla Corte d’Appello di Milano, narra le fatiscenti storie di una vita fatta di eccessi, di presunte fidanzate e aiuti a giovani ragazze senza lavoro (Lolito, gentilmente…), di amore (…), di successi paventati, ma anche e soprattutto di ingiustizie (povero!), di persecuzioni alla propria persona (mannaggia…), di affari loschi e false amicizie.
Lolito è una sorta di biografia satirica di voluta e fremente ispirazione mediatica, una parodia multipla, che concede diversi livelli di lettura e di comprensione, così come lo stesso Luttazzi ha dichiarato in un’intervista di Malcom Pagani per Il Fatto Quotidiano: «Ci sono tre livelli di lettura. Primo livello: il libro è una satira del berlusconismo e del rapporto tra Berlusconi e l’Italia attraverso la parodia della Lolita di Nabokov. Il secondo: il libro è una parodia di tutti i libri di Nabokov. Il terzo: il vero libro è il commento in appendice che spiega le tecniche dell’intertestualità moderna, di cui il romanzo non è che un lussuoso esempio. Come in un videogame si passa da un livello a quello successivo, da un divertimento a quello successivo in base alla propria abilità».
La Lolita (Beba nel libro-parodia di Luttazzi) del caso è – senza ombra di dubbio – la nostra povera Italia. A voi il resto del commento.