Eino Leino, Canti di Pentecoste | Mimesis Edizioni
Quando si citano i testi che più hanno ispirato l’opera di Tolkien spesso viene menzionato il Kalevala, poema epico baltofinnico in versi che Elias Lönnrot raccolse, ricompose e pubblicò in edizione definitiva nel 1849. Mai però si ricorda che la più grande opera poetica finlandese già tradotta in molte lingue e ancora inedita in Italia, gli Helkavirsiä o Canti di Pentecoste di Eino Leino (due tomi redatti nel 1903 e nel 1916) sono anche uno dei primi, autorevoli e più riusciti esempi in tal senso: la trattazione dei problemi fondamentali dell’uomo, la religione, il linguaggio, l’identità etnica, attraverso la ricostruzione allegorica di un immaginario epico costituito da mondi tanto distanti nello spazio e nel tempo quanto intimamente vicini agli archetipi della nostra coscienza. Cioè a dire un caso di letteratura fantasy ante litteram.
In questa raccolta di ventinove poemi frutto dell’accostamento tra la leggenda cristiana, la complessità dell’epica ugrofinnica, il Superuomo nietzschiano e il mito greco troviamo cavalieri pagani che sfidano il mondo cristiano entrando a cavallo in chiesa prima di soccombere tra le fiamme lasciando il proprio segno indelebile nella pietra e un folletto dei recessi tenebrosi che progetta l’uccisione del sole e la liberazione delle forze telluriche per poi essere conquistato ed assorbito dai raggi dell’aurora. E ancora un popolo puro e fiero su un’isola remota che, dedito al culto solare, ha spinto nella selva le anime dissimili finché un giovane, udito un canto soave, si unisce ad una fanciulla dell’altra razza per dar vita ad una genia celeste, uno sciamano che conosce ogni segreto della magia fuorché il controllo del fuoco, forze ctoniee che gli consigliano di cercare le formule mancanti all’inferno e un viaggio senza ritorno nei meandri della materia, un sovrano che parte per chiedere la mano della figlia d’un demone il quale lo rapisce per segregarlo in una montagna finché il Redentore, pellegrino per le vie del mondo, sente battere dal sottosuolo e libera l’insigne peccatore che sceglie di purificarsi partendo per le crociate in Terrasanta.
Quadri in grado di comunicare al nostro io figure e simboli indelebili che ci sembrano tanto arcani quanto contigui alle nostre questioni esistenziali. Una solidarietà tra poesia e poietica ed una libertà espressiva che poteva fiorire solo nella cultura baltofinnica abituata da secoli a solvere nell’arte del raccontare le aporie che altrove mettono l’una contro l’altra culture, tradizioni e religioni. Tolkien prima di Tolkien, un Matthew Gregory Lewis coniugato a tradizioni orali di millenni o un Dante Alighieri sub-artico: non è un caso se proprio il Leino fu l’autore della prima traduzione della Divina Commedia in finlandese.
Eino Leino (al secolo Armas Einar Leopold Lönnbohm, Paltamo 1878 – Tuusula 1926) è unanimemente considerato il maggiore poeta del romanticismo finlandese ed una delle personalità europee che più hanno influenzato l’estetica del primo novecento.
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