Il tuttomio | L’ultimo libro di Andrea Camilleri vi ha convinto?
A me Camilleri non piace particolarmente, mi sembra che il suo Montalbano sia un soldatino che ripete sempre le stesse operazioni. Anche nella scrittura. Mi imbatto, invece, in questo suo ultimo romanzo, niente dialetto, una scrittura tersa, cristallina, ma omertosa. La storia di Arianna che vive senza problemi economici con il marito Giulio, di primo acchito, sembra banalotta. La solita storia tra tinello e camera da letto. No. Arianna, ogni giovedì fa l’amore con un uomo diverso, con il consenso del marito, che è impotente. Come sia arrivata a vivere in quel modo Camilleri lo spiega in corsivi sulfurei, in piena suspense.
Il motivo conduttore di questo libro è il “fallo”, l’erezione, la forza maschile. Il gioco funziona ma Arianna trova Mario un diciassettenne focoso, che non si accontenta di vederla solo il giovedì e si presenta nella sua strada alto borghese con il motorino a fare rumore, affinché Arianna si affacci. Anche lei si sta innamorando di Mario, del suo modo di fare l’amore, ma non diciamo altro. Per capire l’italiano di Camilleri in questo libro consideriamo l’inizio: «Giulio la sveglia sfiorandole appena un orecchio con le labbra e le sussurra “Ari, ti saluto, devo andare”. Ha sentito, ha capito, ma non è in condizione di rispondere.”»
Un inizio alla Moravia, il nostro Alberto Moravia, ossessionato dal sesso e dalla noia. Un paragone reale però è con Goffredo Parise e il suo L’odore del sangue. Anche lì una donna innamorata di un fallo, più che di un uomo. Sesso e morte fanno grandi i romanzi. Camilleri spinge sull’erotismo, ma la morte lo fa scrivere. Sono i morti che la mano dell’uomo lascia per terra. Poi da “femminaru”, esalta la donna, la sua complessità, la sua sincerità più spietata. Non mi stupirei se Il Tuttomio (luogo nel quale Arianna conserva le sue cose, che i maschi non possono vedere) diventasse un long seller e facessero delle tesi di laurea su “Sesso e morte in Camilleri”.
Ditemi, ciao Vincenzo Mazzaccaro.