Moscow’s Fury di Sam Stoner: furia e violenza alla periferia di Mosca
Moscow’s Fury. Questa volta Sam Stoner esplora la violenza presente nella periferia di Mosca, nel distretto di Kuz’minki, uno dei quartieri più degradati della capitale russa, regno incontrastato della mafia.
L’opera è stata selezionata dalla Lite Editions, casa editrice leader nella pubblicazione di ebook, all’interno del progetto Atlantis di Lorenzo Mazzoni e Marco Belli. La collana Atlantis vuole raccontare le capitali mondiali attraverso letteratura di qualità e reportage fotografici. Moscow’s Fury è accompagnato da fotografie di Mikhail Shcherbakov, sia per la copertina che per le immagine interne.
In Moscow’s Fury, il protagonista del racconto, il giovane Kirill Sivanicov, scalerà le gerarchie imposte dall’organizzazione criminale attraverso un’escalation di furia, sesso occasionale, risse, assunzione di droghe, occultamento di cadaveri, vendette. Questo l’incipit:
“Che la mia vita fosse una merda lo sapevo. Ma non potevo permettere a nessuno di dirlo. Né potevo permettere a nessuno di incasinarla più di quanto già non fosse. Mi chiamo Kirill Sivanicov. Un nome del cazzo, lo so. Ma questo mi ha dato mia madre…”
È ben rappresentata anche la totale disgregazione del nucleo familiare di origine, che però permette a Kirill di mantenere il suo unico punto di riferimento affettivo, quello con la sorella, una prostituta per la quale è pronto a dare la vita. E sarà proprio l’amore verso la sorella che lo porterà in carcere per un lungo periodo di detenzione. Non un carcere qualsiasi ma Butirka, uno dei più duri penitenziari al mondo, dal quale Kirill uscirà ancora più determinato a usare tutta la sua aggressività.
Sam Stoner accenna anche alla netta divisione sociale oggi presente nell’ex Unione Sovietica. Una divisione che rende impossibile per ragazzi come Kirill una qualsiasi via d’uscita che non sia quella criminale.
“Mosca è la mia città. Ma non è quella dei turisti o dei pezzi grossi che girano con l’autista per le boutique importate dall’Europa sulla Stoleshnikov Lane. È quella che nessuno vuole vedere, popolata da vite a termine. Vite come la mia. In attesa di finire in una buca un metro per due o in una cella tre metri per tre.”
Lo stile è serrato, duro, essenziale. Parole che sono come pugni. Espressioni violente e termini crudi capaci di descrivere al meglio l’inferno di brutalità nel quale il protagonista si muove. Storia di ambientazione, quindi che concede solo un piccolo colpo di scena finale nel quale Kirill si spoglierà della sua abituale durezza, concedendosi qualche gesto amorevole, prontamente bilanciato da una furia assassina.
Il racconto, oltre ad offrire uno spaccato dell’odierna vita moscovita, è un monito nei confronti delle istituzioni, la cui assenza determina, in alcuni contesti, il proliferare della delinquenza come unica possibilità di vita. È pura utopia pensare che ragazzi e ragazze immersi in una realtà così brutale possano tirarsene fuori da soli. E quando alla violenza si sposa una brillante intelligenza e una spiccata capacità organizzativa, ecco nascere una delle organizzazioni criminali più potenti al mondo, quella dei Vory, capace di elevarsi dalle strade di periferia dalle quali è nata (presente fin dagli anni Trenta) per espandersi a livello internazionale, anche grazie a una serie di fattori geopolitici come il crollo del muro di Berlino, il collasso dell’Unione Sovietica, la caduta del comunismo, il progressivo passaggio verso un’economia di mercato, l’apertura dei confini della Comunità Europea.
Moscow’s Fury non indaga la nomenclatura di tale organizzazione, si limita a raccontare i primi violenti passi del giovane Kirill pronto a essere fagocitato da questo sistema criminale.
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