Intervista a Riccardo Jevola, autore di Primus Acto
Crede nella reincarnazione? Perchè Lisbona come città-scenario della narrazione? A queste e ad altre domande risponderà Riccardo Jevola, autore del romanzo Primus Acto edito da Nettuno.
Primus Acto parla di un intricato sottobosco di realtà parallela associata alla reincarnazione e alla magia intesa come forza occulta. Da dove ha tratto ispirazione per questo tema e i suoi personaggi? Si tratta di una semplice casualità (ad esempio la conoscenza di un evento storico come l’Affare dei Veleni) oppure è un appassionato del genere?
Direi né l’una né l’altra. L’idea di Primus Acto, scritto nel 1999, nacque dalla necessità di scrivere una storia centrata sui rapporti umani malati di sopraffazione, su quel genere di relazione – personale, professionale, parentale – in cui una persona più potente, per propria natura intrinseca o per posizione, soggioga e annienta un’altra, la usa per i suoi scopi, la sfrutta per il proprio tornaconto o per la propria affermazione. Riflettendo su tutto questo, capii che una simile storia non poteva non essere costruita attorno al Male, inteso nella sua accezione più ampia. Il Male, infatti, è sopraffazione; il Male sta, tutto quanto, nella sopraffazione. Da qui l’idea di ambientare il romanzo all’interno di una relazione d’amore – tra tutte le relazioni quella che rende più vulnerabili – in cui fosse il Male a determinarne fin dall’inizio i confini e lo sviluppo.
Lei crede nella reincarnazione?
Ho un difficilissimo rapporto con ciò in cui credo. Spesso vedo attorno a me un mondo talmente materiale che stento razionalmente a credere che l’umanità abbia avuto origine da un atto supremo, da una volontà trascendente, da una scintilla d’eternità, e quindi mi è difficilissimo immaginare che nell’essere umano possa esserci qualcosa che sopravviva alla sua natura mortale, al pari di ogni altro organismo presente sul pianeta. Altre volte però la mia mente percorre vie diverse dalla sola logica e scende, anche grazie a potenti sensazioni, nelle profondità della dimensione umana e là mi rendo conto, oltre la razionalità, che nel pensiero vi sono spazi di tale vastità da rendere plausibile l’ipotesi che qualcos’altro, diverso dal nulla, ci abbia preceduto e ci precederà ancora, in questa dimensione o in altre.
A quale dei personaggi di Primus Acto si sente più vicino?
Io scrivo sempre in prima persona e quindi il protagonista dei miei romanzi vive molto a lungo nella mia mente, sia durante la scrittura che dopo, ogni qualvolta mi capita di doverlo nuovamente ascoltare. È quindi naturale che io senta Ramon come il personaggio a me più vicino, non tanto per affinità o per empatia, quanto per il fatto che ha vissuto con me per un lungo periodo di tempo.
Perché ha scelto la città di Lisbona come scenario degli eventi narrati in Primus Acto?
Il mio fu un atto dovuto a Pessoa. Poco prima di iniziare a scrivere Primus Acto avevo terminato di leggere il Libro dell’inquietudine e all’epoca ritenni doveroso e bello, per quanto mi aveva dato quell’autore, di frequentare un po’ le strade della sua città durante la scrittura.
Progetti per il futuro?
Dipende molto dai progetti che ha in serbo il futuro per Riccardo Jevola. In questo momento per me è importante il confronto con il pubblico, capire quanto la gente apprezzi il mio modo di scrivere e le mie storie. Se il futuro mi riserverà la sorpresa di aver conquistato il gradimento dei lettori, credo che proporrò a breve altri miei romanzi inediti, alcuni scritti anche recentemente. Ma se così non fosse, credo proprio che in futuro mi limiterò a finire di scrivere il romanzo che ho iniziato da poco, e poi ad iniziarne un altro.