Intervista a Rita Neri, giovane autrice del romanzo Te Lucis Ante
Oggi, intervistiamo Rita Neri autrice del romanzo Te Lucis Ante (Tu Prima Della Luce) di Rita Neri – Edizioni Apostrofo, disponibile su Ibs.it a 10,20 €:
Te Lucis Ante potrebbe essere definito un romanzo di formazione. Il protagonista Franco, però, non è un giovane alle prese con i problemi della crescita e della maturazione. Come mai ha scelto di cominciare a raccontare la sua storia partendo dall’età adulta?
Perché è proprio nell’età adulta, quando si è ormai certi di avere tutte le risposte, e il destino sembra essere delineato, che nascono nuovi interrogativi. Franco diviene testimone di queste nuove istanze, assumendosi il compito di cercare delle risposte.
Quali sono le caratteristiche di Franco che lo rendono in qualche modo predestinato alla scoperta di un’importante verità?
Il racconto della sua storia racchiude molte domande: alcune sono state poste e risolte in gioventù – periodo questo che viene ripercorso con processo quasi analitico – altre nascono man mano che gli eventi, da quelli quotidiani a quelli straordinari, spingono Franco a vagliare altri modi e possibilità di “vedere” le cose e, prima ancora, le persone.
Il protagonista del romanzo vive un percorso di profondo sconvolgimento interiore che molto ha a che vedere con la sua spiritualità. Se dovesse descrivere cosa è la religione per Franco o cosa dovrebbe essere per l’uomo moderno quali parole userebbe?
Il legame affettivo che Franco ha con don Luigi, parroco del paese e suo maestro, è il veicolo che lo porta a intuire un’importante verità, ma ciò che lo avvia verso un percorso di conoscenza è il desiderio di essere migliore. Franco non si rassegna a vivere nel malessere e, al di là delle tappe di vita raggiunte, avverte la povertà della sua esistenza. L’insoddisfazione lo guida verso un cambiamento, che lo vede divenire custode del cimitero di Palmoré, un piccolo paese di campagna. La serenità raggiunta in questa dimensione è, in seguito, condizione indispensabile per aprirsi a esperienze che lo avvicinano alla verità. Come dice Franco parlando di sé: “non essere migliori di altri, non mi impediva certo di essere migliore di me stesso.” Questa frase esprime, in sintesi, il pensiero del protagonista, il suo desiderio di completarsi, di rieducare il proprio carattere fino a divenire “pregno”, in attesa di un nuovo sapere.Cosa dovrebbe essere la religione per l’uomo moderno è una domanda a cui teologi e sociologi possono dare migliore risposta di quanto farei io. Sotto l’aspetto etimologico, è interessante osservare che la parola “religione” rimanda, per alcuni studiosi, al senso di “avere cura, avere riguardo” e, per altri, al significato di “legare, unire insieme”. Entrambe le accezioni non sono estranee al concetto di “sacro” ed è secondo questo termine che Franco vive la sua spiritualità, quasi che profonde radici lo legassero a ciò che è “prima della luce”, anzi, “prima del termine della luce”. Per Franco la religione è innanzitutto puro stupore, è il possibile, ciò che non viene escluso, è un luogo interiore dove ogni domanda può essere posta una, due, cento volte, avendo ogni volta il diritto di essere. Infine, sebbene Franco rifiuti i rituali di culto, è nelle parole di una preghiera millenaria, il “Padre Nostro”, che, la sera, cerca conforto.
L’esito della storia potrebbe avere una duplice lettura: Franco ha portato a compimento il suo percorso ed è un uomo nuovo oppure Franco ha iniziato il suo percorso di cambiamento, ma non è riuscito a portarlo a compimento. E’ davvero così? Franco ha cioè intravisto il destino che lo attendeva e ha deciso di intraprendere un’altra strada?
Ritengo che entrambe le letture siano corrette. Franco non porta a termine il suo percorso, perché il terrore dell’Eterno ha il sopravvento, costringendolo al ricovero in clinica psichiatrica, ma egli è e resta, a tutti gli effetti, un uomo nuovo. Imboccando un’altra strada, che lo vede padre e marito, non rinnega la verità che gli è stata offerta. Al contrario, sa di doversi fortificare sempre più per potere, un giorno- forse in un’altra vita – accettare la Grazia divina.
Il romanzo sembra suggerire che per poter coltivare la propria umanità e se stessi, senza lasciarsi travolgere dalla frenesia della vita quotidiana, bisogna ritagliarsi un momento di isolamento e pace come quello vissuto dal protagonista. E’ questo il messaggio su cui il lettore è invitato a riflettere?
Sottrarsi alla frenesia della vita quotidiana non è certo l’unica via percorribile. Molti santi hanno fatto esattamente il contrario, mettendosi attivamente al servizio del prossimo. E tuttavia è solo nel silenzio, nella pace dell’animo, che emergono le cose. Franco non fa nulla di straordinario, si prende cura del cimitero. E’ il suo lavoro, un impiego modesto, che gli permette però di interrogarsi su sé stesso e sull’Altro, come mai aveva fatto prima. In definitiva, fermarsi a riflettere è sempre un momento importante per la coscienza, e ogni conclusione è spesso, a mio avviso, l’inizio di una nuova ricerca.
Il romanzo ha uno spunto autobiografico? Oppure è tutto frutto di ispirazione letteraria?
Anche se non amo espormi in prima persona e costruisco ogni personaggio per la storia, devo dire che vi è, nel romanzo, più di uno spunto autobiografico. E’ altrettanto giusto precisare che l’ispirazione letteraria si è nutrita di elementi significativi, come il pensiero dei filosofi dell’antica Grecia, senza cui questo libro non avrebbe avuto la portata che ho inteso dargli.