Intervista a Gian Luigi Quagelli, autore de “Il commissario Pairoldi”
Per quale motivo ha deciso di scrivere Il commissario Pairoldi?
La prima stesura di questo libro risale al 1988. Si erano spente le lotte dei movimenti, il nostro paese aveva attraversato la stagione tragica del terrorismo. Sentivo prepotente l’urgenza di denunciare l’intreccio tra affari e politica di cui pochi anni dopo l’opinione pubblica avrebbe colto la portata nelle forme degenerate della corruzione. Per questo motivo scrissi Il commissario Pairoldi.
Quale è stata la sua fonte di ispirazione?
Una fonte vera e propria, non direi. Mi interessavo molto alla letteratura di denuncia sociale, Sciascia in particolare. Negli anni in cui ho ideato il commmissario Pairoldi, Sciascia scriveva Il cavaliere e la morte, dal celebre lavoro di Dürer da cui prende il titolo del romanzo, con la confisca del diavolo, oramai superato dagli uomini. Fatte le debite proporzioni il Vice del romanzo di Sciascia è un personaggio che avvicino volentieri al commissario Pairoldi.
Ci vuole parlare del personaggio del commissario Pairoldi?
Pairoldi è un giovane commissario che ama il suo lavoro. È chiamato a occuparsi di un caso di omicidio, dopo una parentesi alla sezione politica. Intuisce che la vittima è al centro di un intricato intreccio di politica e affari, passioni e destino. Ha pochi strumenti a disposizione se non una certa propensione a indagare sulla natura dell’animo umano e un desiderio legittimo di giustizia e pulizia morale. In questo senso è un antieroe, uno di noi che tiene a fare bene le cose di cui si occupa. Non è un ingenuo, non è neanche disincantato, anche se è spesso tentato di lasciar perdere. Tuttavia, i suoi sono cedimenti passeggeri, una sorta di silenziosa protesta verso l’indifferenza generale a cui opporre il senso profondo dell’amore per la giustizia e la verità. Almeno di quella parte di verità che coincide col nome dell’assassino.
Che genere di libri preferisce leggere?
Per molti anni ho letto di tutto, spesso in modo disordinato senza una vera preferenza per qualche genere. A un certo punto mi sono fermato, una sorta di blocco psicologico. Non trovavo un vero motivo per leggere. Dopo Sciascia, Furore di John Steinbeck, Martin Eden di Jack London, Il male oscuro di Giuseppe Berto, dopo aver letto i grandi classici, dopo Tolstoj e Dostoevskij ritenevo che non ci fosse altro. Per molti anni non ho più letto un romanzo, poi un giorno mi è capitato sotto gli occhi Il tempo di Blanca della Serrano. Mi ha riconciliato con gli autori contemporanei.
Con quali parole invoglierebbe i lettori ad acquistare il suo libro?
Se amate i gialli non violenti e vi piacciono i commissari che scavano nell’animo umano e si fidano del loro intuito, il commissario Pairoldi può rivelarsi una lettura piacevole.