Pensieri minimi e massime, un libro di Emanuele Marcuccio
“È pronto soccorso, la poesia, non una sviolinata al chiaro di luna. È botta di salvezza”, “non un’arte di arrangiare fiori, ma urgenza di afferrarsi a un bordo della tempesta”. Ho sempre condiviso l’impeto e la verità nascosti nelle idee di Erri De Luca e, tutte le volte, che mi avvicinavo a una raccolta di pensieri che provasse a definire questa incomparabile arte, le sue parole risuonavano nella mia testa come un mantra dal quale partire per giudicare un autore e i suoi pensieri.
Ma, è vero, arte e bellezza sono concetti e dimensioni interiori, difficili da definire e da valutare con esattezza, con spirito critico oggettivo. Così, anche il componimento poetico o una raccolta di aforismi che filosofeggia sulla poesia, aderisce ai gusti e alle esperienze di vita del soggetto che lo scrive e prova a incontrare gusti ed esperienze di vita del soggetto che lo legge. A volte, i due mondi si sfiorano, dando vita a colpi di fulmini indescrivibili; altre volte, invece, si limitano a osservarsi l’un l’altro, a scrutarsi e finiscono per arricchire il bagaglio culturale e narrativo di ognuno.
È quello che mi è successo con la raccolta di pensieri di Emanuele Marcuccio, autore siciliano che ha voluto cimentarsi con un libro di aforismi e annotazioni poetiche, intitolato Pensieri minimi e massime, edizioni Photocity. A detta dello stesso autore si tratta di “una serie di annotazioni spontanee, del tutto casuale ed estemporanea.” Il tema principale della raccolta è proprio la poesia: ben quarantotto aforismi su ottantotto cercano di definire l’essenza, fotografare le caratteristiche di quest’arte letteraria. Un’opera a metà strada tra il manifesto della propria poetica e un diario interiore. Il tono è austero, gli enunciati sentenziosi e perentori.
Nella postfazione, curata da Lorenzo Spurio, si accenna ai limiti che, leggendo questi pensieri, io stessa ho potuto riscontrare: “la raccolta di aforismi qui proposti – afferma – è il frutto di un’attenta ricerca sull’Io-poeta che Marcuccio fa donandoci pensieri che a prima vista potrebbero sembrare semplici, quasi banali, ma che servono invece per esprimere le sue convinzioni e per aprire al lettore la sua anima lirica”.
Il colpo di fulmine narrativo, questa volta, ha lasciato spazio ad altro. La mia anima lirica è ancora sigillata, in attesa della “botta di salvezza” e “dell’urgenza di afferrarsi al bordo di una tempesta”. Ma come lo stesso Marcuccio sentenzia nella raccolta, spetterà ai lettori ergersi da giudice e creare, qualora lo volessero, l’autore stesso, perché afferma “un poeta non esiste senza i suoi lettori, che si servono della sua poesia per emozionarsi ed emozionare altri lettori”. E allora, be’… a voi l’ardua sentenza!
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