Trafficanti: armi, veleni e rifiuti nel libro di Andrea Palladino
Trafficanti sulle piste di veleni, armi e rifiuti è il libro, edito da Laterza (su lafeltrinelli.it a € 12,75), presentato in tutta Italia dal giornalista Andrea Palladino. Il quadro che ne emerge è quello del Bel Paese come “gigantesca piattaforma logistica di veleni”.
Andrea Palladino giornalista d’inchiesta per Il Manifesto e Il Fatto Quotidiano, dopo Bandiera nera. Le navi dei veleni (su lafeltrinelli.it a € 11,90), torna a trattare questioni spinose e spesso irrisolte su inchieste inerenti il traffico internazionale di armi e rifiuti. Nel suo primo lavoro ripercorre gli anni ’80, in cui l’Italia, Stato Canaglia, smaltiva nei cosiddetti Paesi del Terzo mondo i rifiuti pericolosi prodotti non soltanto dall’industria italiana.
Nel secondo invece, si sofferma su Seveso e sui viaggi via nave verso l’Africa, verso la Romania, di carichi clandestini di veleni sbarcati in America Latina, della Somalia. I temi trattati sono narrati ai lettori tramite rivelazioni inedite di trafficanti e di collaboratori che vivono ancora oggi sotto copertura e segue “le tracce dei grandi mediatori di scorie, di imprenditori e di esperti di marketing politico, di servizi segreti e di criminalità organizzata”.
Il filo conduttore è il giallo internazionale delle scorie dell’Icmesa, sin dal principio, vale a dire dal 10 Settembre del 1983. Ed è l’inizio dei traffici europei dei rifiuti. Di “affari” tenuti da figure apparentemente insospettabili che si scambiano favori, stringono accordi, si spartiscono aree di interesse. Tutto questo attraverso una ben specifica modalità fatta di contatti nascosti, tangenti occultate e agende zeppe di nomi.
Andrea Palladino ci racconta anche di diverse vicende passate sotto silenzio, di crimini rimasti senza un colpevole, di chi ha individuato il gioco delle parti tra politica e malavita, di chi è stato ucciso per essersi occupato di vicende come questa e di storie ormai, di vicende occultate come ad esempio l’uccisione di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin a Mogadiscio.