Park life: intervista all’autore Pier Manzoni
Park life (su bol.it a € 11,61). La vita è come un parcheggio. Pier Manzoni come è nata in lei questa concezione trasposta in metafora?
Era una notte buia e tempestosa… No, scherzo. Era semplicemente una notte come tante altre, come molte di quel periodo. Una sera mi ritrovai con un nodo alla gola e come capita in questi momenti, almeno a me, ho ceduto alle mie debolezze, tra cui il valutare chi ero, perché ero e quando si parte (vuol dire quando si esce da qualcosa). Io ero appena rincasato, avevo appena lasciato la mia macchina al mio solito parcheggio, A88. E mi ritrovai a mischiare il mio senso di vita, con l’ultima cosa che avevo fatto: uscire da quel parcheggio. Da lì nasce tutto…ma prima o dopo la macchina la devi parcheggiare ecco perché il nostro antieroe si ritrova a correre a piedi durante la sua gara. Una curiosità sul titolo. Verso le sei del mattino dovevo salvare quell’insieme di “cose” scritte…volevo lasciarle li…qualsiasi cosa fosse successo dopo, ma avevo terminato ogni goccia di fantasia vitale. Quel freddo file lo avrei chiamato semplicemente 1 o 2… ma dalla radio (la musica per me è sempre stata fondamentale mi reputo musicopatico-psicoinstabile), i Blur e la loro Park Life. Avevo scritto tutta la notte partendo da un parcheggio e la fine era accompagnata da quella casualità. Lo chiamai Park Life. Quel titolo, passato al giudizio di molti è arrivato ad oggi e con lui chi ha scritto Park Life.
Dimensione reale ed onirica si intrecciano. La sua più che una narrazione è un monologo interiore/ flusso di coscienza. Quali sono stati i casi letterari, se ce ne sono stati, che l’hanno ispirata?
Se dovessi scegliere un libro da portarmi su un’ isola deserta… Tropico del Cancro di Henry Miller…non ricordo più quante volte l’ho letto, eppure, ogni volta, capisco una sfumatura nuova, un senso che mi era sfuggito, un dialogo che in un’altra situazione, un altro me non aveva posto attenzione. Banana Yoshimoto è un’altra autrice che mi piace molto. Li reputo compatibili. Se devo andare sul classico, Baudelaire.
Il racconto è in prima persona. Chi parla è un Io-fittizio senza nome o ci sono dei risvolti autobiografici?
Non mi reputo uno scrittore, un romanziere o chissà chi, non penso che la mia vita possa interessare più di quella di chiunque altro, anzi. Ma le mie pagine imbrattate, da leggere tra una riga nera e l’altra, riempiendo cioè quegli spazi bianchi con il proprio io di chi legge… possono accumunare più persone apparentemente diverse tra loro. Si, sono causa di quello che sono, così come chi ha letto e ci si è ritrovato, ha tradotto quegli spazi bianchi con i codici delle proprie esperienze. L’io fittizio non esiste, fortunatamente, a meno che non si scriva di storie altrui. Ma direi che non sarà mai il mio caso.
Quale motivazione l’ha spinta a scrivere questo libro e perché lo consiglierebbe ai lettori di recensionilibri.org?
Le motivazioni, come ho detto prima, sono prettamente casuali… non ho un punto d’arrivo… ho solo un punto di partenza, quando l’ho scritto era per uso e consumo di lettori predestinati. Ma poi le cose cambiano e quelle pagine imbrattate sono rimaste lì nel cassetto, sino a che, chi ne ha cambiato il finale, leggendole, a mia insaputa, ha deciso di cercarne un editore. Questo è arrivato ed eccomi qui. Quando leggo la classifica generale di vendita sui 65 mila titoli venduti da gennaio e vedo quel “delirio” tra i primi 10 mila, non ci credo. Da qui la voglia di credere davvero che quelle pagine accomunino più persone di quante ne potessi immaginare. Park Life sta diventando un progetto, dal “folle” che dipinge le mie copertine Michele Grigoletto, che con tocchi della sua anima rappresenta il senso delle parole, ad altri “folli” che nei vari eventi passati e futuri, creeranno forme stravaganti del proprio essere…Lo consiglio perché forse non per tutti, ma per qualcuno. È come ripercorrere tramite quegli spazi, quelle pause, la propria vita. Una cosa è certa, come recita l’ultima riga di Park Life…. Fine o Inizio? Come disse un vero autore… “Ai posteri, l’ardua sentenza”. Vi ringrazio.