Intervista a Raffaele Montefusco, autore del libro La casa di Moda
Di seguito, l’intervista realizzata da recensionilibri.org a Raffaele Montefusco, autore del romanzo La casa di Moda.
Oltre a scrivere intriganti romanzi, come riempie le sue giornate? Si racconti un po’ ai nostri lettori.
Sono consulente nel campo dell’organizzazione aziendale e della qualità; per il resto del tempo vado in palestra, in piscina e scrivo. Quando ho qualche giorno libero, faccio dei viaggi.
La casa di moda è il suo primo romanzo. Un giallo. Prima, solo libri tecnici. Cosa l’ha spinta ad avvicinarsi a questo genere letterario?
I gialli mi hanno sempre appassionato; ne ho letti moltissimi e ho deciso di provare…
Il suo lavoro, oltre a raccontare una storia, è ambientato a Genova. Non sarebbe azzardato dire, forse, che La casa di moda è Genova. Nelle pagine del libro si assaporano sapori e profumi della città ligure, il lettore è quasi vittima di un teletrasporto inconsapevole. La città, da sempre, è una scenografia perfetta usata da autori, poeti e cantautori. Anche lei, non ne ha potuto fare a meno…
Genova è la mia città natale e la conosco molto bene. Con le sue viuzze strette, il porto e l’aria di mare è la città ideale per ambientare un libro di genere, in particolare un poliziesco.
“C’è una città di mare con i suoi paesaggi”. Anche il Commissario Agosti, il protagonista del romanzo, lo sa. Quanto c’è di autobiografico nel suo giallo? Spesso di dice che nei primi romanzi un autore, involontariamente, tende a rivedersi e a identificarsi in uno dei personaggi creati dalla sua penna. C’è qualche personaggio che racconta un po’ di Raffaele Montefusco?
Un po’ di autobiografia c’è sicuramente. Forse più in Perrone che è il vice del Commissario Agosti; poi un po’ qua e un po’ là, nei vari personaggi, ma si tratta di frammenti, a volte di cose che avresti desiderato e non hai mai avuto…
Prossimi commissari nel cassetto?
Ora sto scrivendo soprattutto racconti, ma sto meditando di scrivere un altro libro giallo, forse con un altro personaggio principale; ci sto lavorando.
Charles Bukowski diceva “Per me scrivere è tirare fuori la morte dal taschino, scagliarla contro il muro e riprenderla al volo”. Per Lei, invece, cosa rappresenta l’arte della scrittura?
Bukowski era geniale in tutto, anche nel suo modo di dire le cose. Per me scrivere è semplicemente tirare fuori il lato oscuro che c’è in me e nelle persone che frequento o di cui sento parlare.
La sua scrittura adotta un linguaggio semplice, scorrevole, privo di ghirigori stilistici. Le va di dare un suggerimento ai giovani, e non, autori emergenti e a tutti coloro che amano questo mondo?
Sì, è vero. Amo la semplicità e la applico a tutte le cose, anche alla scrittura. Non sono in grado di dare suggerimenti se non quello di essere il più possibile se stessi e di cercare di scrivere in modo grammaticalmente corretto, senza inventare troppo.
Una delle domande d’obbligo in un’intervista ad autori emergenti e alla quale, ormai, siamo follemente affezionati è: con quali autori e libri si è formato il suo carattere letterario?
Leggo veramente tanto: i più amati sono: Soldati, Pratolini, Moravia, Camilleri, Carofiglio Scerbanenco, Mann, Balzac, Gavalda, Simenon, Twain, Hemingway, Mankell, Montalban, Chandler. Gli autori che hanno influito di più sono quasi sicuramente Camilleri, Carofiglio, Simenon e Chandler.
Un grazie doveroso all’autore, per la sua disponibilità e i suoi preziosi consigli