Intervista a Loredana Abati Arrigoni, autrice del libro – diario “Io vincerò… alla faccia del mostro”
L’intervistiamo oggi Loredana Abati Arrigoni, autrice del libro Io vincerò… alla faccia del mostro edito da Miremi Editore, un diario molto intimo ed umano che racconta il calvario personale della lotta contro il cancro.
Loredana, il suo è un libro molto speciale, un diario che racconta la sua battaglia contro il cancro. Perché ha deciso di far pubblicare un diario così intimo e doloroso?
Quando quel lontano 23 febbraio 1989, l’ematologo che mi aveva in cura, mi comunicò la remissione del cancro, la gioia che provai, rischiò di farmi esplodere. Periodicamente avrei dovuto tornare in reparto, per sottopormi ai controlli di routine, ma in quel momento non pensai affatto alla possibilità che il mostro (è così che ho sempre immaginato il cancro, una bestia immonda che teneva in scacco il mio corpo, impedendomi ogni possibile mossa) sarebbe potuto riemergere dalla caverna, dove ero riuscita ad imprigionarlo. In quel momento capivo solo che mi ero salvata, al futuro non volevo pensare, se non in positivo. Ero impaziente di buttarmi quella tremenda esperienza, dietro alle spalle e riallacciare immediatamente i fili della mia vita, là dove si erano interrotti. In fondo ero ancora giovane, volevo con tutte le mie forze sentirmi libera di vivere serenamente con la mia bella famigliola. Non c’era più ragione che consegnassi il diario a mio marito, così presi il quaderno rosso e lo riposi sul ripiano più alto dell’armadio. Ma avevo fatto i conti senza la parte fragile del mio cuore.
Ad ogni controllo, dovevo recarmi nel reparto di Ematologia. Incontravo “colleghi” vecchi e “colleghi” nuovi. Era inutile che io giocassi a fare la scimmietta che non vede, non sente e non parla, la sofferenza continuava ad aleggiare intorno a me e poco alla volta, scalfì la scorza di egoismo dentro cui mi ero nascosta. Mi fermavo a parlare con i pazienti, ma soprattutto con i loro parenti, cercando di aiutarli come meglio potevo: raccontavo della mia avventura, li rincuoravo, spiegavo ciò che i malati desideravano veramente da loro. Ma non mi sentivo soddisfatta, ciò che facevo non era abbastanza. Volevo aiutare più gente possibile.
E fu allora che mi ricordai del diario: lo avevo scritto con lo scopo di portare sollievo a mio marito, dopo la mia dipartita. Pubblicandolo, avrei raggiunto lo stesso scopo, con tantissime altre persone.
Quando ha letto il suo diario per la prima volta? Cosa ha provato o prova ogni qualvolta che rilegge quelle pagine?
Rileggere quelle pagine, fu devastante. Dopo sette anni, mi trovai a rivivere quasi “in tempo reale” quell’esperienza: leggevo e risentivo la disperazione provata quando mio marito mi aveva comunicato la tremenda sentenza, vuoto in testa, un buco nel cuore. La paura di perdere di nuovo i miei figli mi assalì, facendomi provare lo stesso dolore lancinante di allora. La notte fu di nuovo popolata dagli incubi. Ritornai a sentirmi fragile davanti all’aggressività del mostro, ma allo stesso tempo, in me esplose, più forte di prima, la voglia di lottare per combatterlo. E questo succede ogni volta, che per un motivo o per l’altro, leggo qualche pagina del diario. Sensazioni forti, che mi tengono sveglia la notte, che mi ritrovano sfinita al mattino, ma che al contempo rinnovano in me la voglia di lottare, questa volta per gli altri. Vorrei tanto che, come ci riuscii io a sconfiggere il mio mostro, così anche gli altri, riuscissero ad affrontare con coraggio il proprio mostro e lo sconfiggessero. Quindi pazienza per gl’incubi, lo sfinimento e la sofferenza, se questo vuol dire riuscire ad aiutare gli altri.
La lettura di Io vincerò… alla faccia del mostro racconta un momento molto particolare della sua vita, dove traspare la donna in carne ed ossa, fragile e vanitosa ma allo stesso tempo granitica: quanto di aiuto le è stata la scrittura e soprattutto quanto crede che sia utile ad una ad una persona malata leggere queste pagine?
Quando scoprii di avere il cancro e che mi restavano tre mesi al massimo di vita, mi sentii persa. Scrivere quelle pagine di diario, furono per me come il salvagente che si lancia ad un naufrago o l’acqua che si offre ad un assetato. Riversare sulle pagine di un quaderno, le mie angosce, agì come un balsamo sulle ferite inferte dal mostro. A volte riuscii persino a superare delle crisi di sconforto, affidando la mia disperazione alle pagine del diario. Io credo che una persona malata, desiderosa di gettare la spugna perché pensa di non avere più chances, potrà ricevere uno stimolo dalla lettura del mio libro, sarà invogliata a reagire, perché sapere che io ce l’ho fatta, che molti come me ce l’hanno fatta, non potrà che agire positivamente sul suo pensiero. Ma soprattutto credo che il mio libro possa essere d’aiuto a coloro che sono vicini alla persona malata e che di conseguenza, vivono di riflesso la malattia. Leggendo quello che io provavo, ciò che avrei desiderato sentirmi dire, aiuterà loro a comprendere meglio il proprio caro.
Nella sua opera c’è un personaggio che mi ha incuriosito molto, Elia, uno psicologo dall’energia pranoterapica molto forte. Ci parli di lui.
Io dico sempre che devo la mia guarigione ad un mix di aiuti ed eventi. Se dovessi fare una graduatoria, non saprei chi o cosa, mettere al primo posto. Forse la mia voglia di vivere, la mia caparbietà nel non mollare mai. I miei bambini, con la loro innocenza, che guardandomi fiduciosi, m’incitavano a non mollare. Poi senz’altro, l’aiuto della scienza, l’amore dei miei famigliari, primi fra tutti mio marito che con il suo amore immenso, la sua complicità, la sua dedizione, mi è sempre stato accanto, aiutandomi sia moralmente che fisicamente. Mia sorella Rosy, che ha trascurato la sua numerosa famiglia per assistermi durante le terapie e Maria, la mia adorata suocera, che prendendosi cura dei miei figli, ha permesso che io affrontassi la mia avventura con più serenità. Le preghiere di tante persone, persino di alcune che neppure mi conoscevano.
E per ultimo, ma non in ordine di importanza, Elia, uno psicologo. Prima di ogni seduta, passavo con lui un po’ di tempo, tempo che impiegavamo in parte parlando. Raccontavo di me, del mio passato, delle mie paure, delle mie speranze. Poi lui mi faceva chiudere gli occhi e aiutandomi con terapie sue, riusciva a farmi rilassare. Al termine dei nostri incontri, mi sentivo decisamente meglio, sia moralmente che fisicamente, pronta ad affrontare la chemioterapia che mi attendeva il giorno dopo. Elia aveva anche una dote eccezionale, possedeva un’energia pranoterapica non indifferente. Mi chiedeva di indicargli i punti che più mi dolevano e lui, passava le sue mani, sopra a questi punti, tenendole ad una distanza non inferiore ai trenta centimetri e quasi subito io iniziavo a provare sollievo. Dalle sue mani sentivo provenire un calore piacevole, mentre lui mi diceva che, in cambio da me, riceveva un grande freddo. E quindi mi sento di dare questo consiglio a tutti coloro che stanno vivendo la mia stessa esperienza: ok le cure, ok la grinta, ma richiedete anche un supporto psicologico, perché per tutti, con l’avanzare delle terapie e la conseguente perdita di forze, arriva il desiderio di arrendersi. Ecco quindi la necessità di avere accanto una persona qualificata, che ci aiuti a ritrovare la forza che è andata scemando in noi.
Come è cambiata la sua vita dal quel lontano evento?
Un’esperienza come la mia, non può non lasciare il segno. Mentirei se dicessi che la mia vita non ha subito scossoni. Dopo, nulla è stato più come prima. Prima del sequestro da parte del mostro chiamato cancro, ero una persona normalissima. Vivevo tranquilla, assorbita completamente nel mio ruolo di madre e moglie. Diciamo che anch’io, munita di una bella dose d’egoismo, la pensavo come tanti altri: “Stiamo bene, quindi il resto è tutto relativo”. Adesso invece sono molto più attenta alle necessità degli altri, più tollerante con i miei simili ed ho imparato ad apprezzare ogni piccola cosa o avvenimento che mi accade. Tipo, la meraviglia, che provo ad ogni mio risveglio, che non mi fa mai essere triste. Il sapere di avere a disposizione tante ore da sfruttare come meglio credo, mi riempie di entusiasmo. È stupendo poter godere del calore del sole in estate, della dolcezza dei colori in autunno, del candore della neve in inverno e osservare il miracolo della vita che si rinnova con il risveglio della natura, in primavera. Prima l’estate era la mia stagione preferita, adesso invece, le amo tutte, perché ogni stagione ha delle caratteristiche che la rendono unica. Volendo potrei continuare all’infinito.
Propositi per il futuro: ha altri progetti editoriali nel cassetto? Cosa vuole diventare da grande?
I miei progetti per il futuro sono tantissimi. Alcuni riguardano la scrittura. Proseguire senz’altro la collaborazione con i settimanali femminili. Scrivere due libri, un thriller e uno di fiabe. Pubblicizzare a livello nazionale il mio libro, partendo dalla mia città, Bergamo. Infatti il 9 giugno, alle ore 17,30 presso il Caffè Letterario di Bergamo, ci sarà la presentazione della nuova edizione, curata dalla Casa Editrice Miremi Editore. Cosa vorrei diventare da grande? Mi piacerebbe avere una mia rubrica su più riviste, dove le persone possano scrivermi i loro problemi di salute e io possa aiutarli con la mia esperienza (naturalmente non intendo medica, ma psicologica), perché non voglio che il mio resti un dialogo a senso unico. Per ultimo lasciate che ringrazi voi di Recensionilibri.org per l’opportunità che mi avete concesso, perché anche voi, concedendomi questo spazio, contribuite a diffondere il mio pensiero.
Maggio 21, 2012
Questa donna è fantastica! Grande Loredana!
Luglio 4, 2012
Salve Eleonora,
ho avuto modo di conoscere anche io la scrittrice fra mail e telefonate e, per quel poco che ho potuto constatare, Loredana è effettivamente una donna forte, tenace, che ama la vita e la sua famiglia senza riserve. Le consiglio, se non lo ha già fatto, di leggere il suo libro – diario: è fra quelle righe che esplode la sua più reale essenza.