La casa sopra i portici: il successo letterario di Carlo Verdone
La casa sopra i portici (disponibile su lafeltrinelli.it a € 15,30) è il successo letterario di Carlo Verdone, uno dei profili cinematografici italiani più prestigiosi.
Il libro edito da Bompiani e curato da Fabio Maiello, racconta la storia di una casa appartenuta agli Schiavina, famiglia della mamma di Carlo, Rossana, poi diventata Casa Verdone. Attraverso la storia di queste due famiglie, attraverso queste stanze si vanno a raccontare vari episodi autobiografici della vita di Carlo Verdone e della sua famiglia. Momenti di sé narrati tramite l’espediente letterario del racconto.
Come ricorda Verdone, il libro nasce da un grande dolore per l’abbandono di questa casa “di una poesia unica”. Dopo la morte del padre Mario, studioso, critico cinematografico, docente, direttore del Centro Sperimentale di cinematografia, grande intellettuale della Roma del neorealismo, nel 2009 la famiglia ha dovuto lasciare la casa sotto i portici che è tornata al Vaticano, dopo essere stati fittuari dal 1923. Ottant’anni di storia. L’abbandono della casa sopra i portici è stato per Carlo Verdone uno dei più grandi dolori della sua vita. E questo sentimento traspare nel racconto, quella vena di malinconia per il passato, per quella casa che conservava odori e rumori, dell’infanzia dell’adolescenza, come le conversazioni della madre con le amiche: i concerti all’opera o lo stato di salute dei conoscenti. Primi spunti del giovane Carlo per le sue ironiche caricature.
Una casa “viva”. In corridoio, spesso si organizzavano gli spettacoli teatrali. Verdone ebbe l’ispirazione di interpretare Pulcinella e con uno spazzolone, quando aveva cinque anni, colpì la domestica Angelica. Una casa di grandi frequentazioni, dal tocco del campanello si poteva intuire chi fosse. Franco Zeffirelli, una persona generosa che scrisse a Rossana Schiavina una bellissima dedica. Carlo che andava ad aspettare Federico Fellini al portone per accompagnarlo su per le scale, perché il regista aveva paura dell’ascensore. Pasolini e Rossellini con occhiali scuri che lo mettevano molto in soggezione. Pier Paolo Pasolini, poi, pedante tanto da chiedere continuamente a Mario Verdone di correggere i suoi saggi. Ricordi, gioie e dolori, volti che hanno segnato i momenti più importanti della vita di Carlo.
Accanto alla maliconia di alcuni tratti della narrazione ci sono aneddoti curiosi, episodi comici, grottesti, tipici del fare cinematografico di Verdone, come il regista avanguardista Gregory Markopoulos che dormiva beatamente davanti ai cortometraggi dell’allora giovane regista. Dopo 5 mesi e mezzo per svuotare le stanze dai quadri e dagli 11mila e 500 libri, la casa sopra i portici torna all’emissario del Vaticano che prende in consegna le chiavi. In una giornata uggiosa in cui sembra che la casa stessa stia soffrendo. E il libro rappresenta proprio la storia di queste stanze. L’anima di queste pareti che hanno ospitato tante vite. Una casa dice Carlo Verdone “che ci ha protetto e ci ha ascoltato”.