Intervista a Lina Maria Ugolini, autrice del libro “La musica nel tempo dei fiori di cappero”
1- Quanto è importante per lei scrivere e rivolgersi a dei giovani lettori?
Prima d’ogni cosa è importante l’atto e l’idea di scrivere. Provare rispetto, onore per la pagina e la parola. I libri restano, testimoniano la possibilità di credere ad un mondo migliore. Un autore si augura che ogni lettore possa imparare, attraverso le emozioni, le circostanze, le soluzioni, contenute in una storia, a vivere meglio.
Per parlare ai giovani occorre armarsi di coraggio e fiducia. Proporre loro non tanto un modello perfetto ma l’offerta di una guida, di un esempio solido e disponibile ad un colloquio emotivo. Per risalire la corrente della moda e del qualunquismo, bisogna ricorrere allo slancio dell’entusiasmo. Se trovi la forza di portare avanti il progetto di un ideale, i giovani possono seguirti nell’impresa. Essi possiedono coscienze ancora pulite con le quali è probabile stabilire un colloquio sincero.
Il mestiere di scrivere libri per quanto mi riguarda, ha bisogno di credere nella giovinezza in quanto categoria recettiva dello spirito.
2- Secondo lei il messaggio di un libro, e in questo caso del suo libro, ha la stessa efficacia di un messaggio della televisione che oggi è, forse, il mezzo di comunicazione che ha più effetto sui giovani?
Purtroppo i messaggi provenienti dalla televisione, tendono a sedimentarsi come modello di vita e di comportamento. La televisione gestisce un potere e il potere, in qualunque forma si manifesta, è sempre pericoloso perché difficilmente amministrabile. Il messaggio contenuto in un libro invece, in ogni libro scritto dal proprio autore per necessità e non per vanità d’apparenza e successo commerciale, è come un tesoro chiuso in un piccolo forziere. Ogni lettore, per aprire la serratura, possiede una chiave diversa. Provare amore per la lettura vuol dire trovare dentro se stessi questa chiave. La televisione non riuscirà mai a produrre nessun tipo di tesoro. I giovani devono comprenderlo con chiarezza.
3- Lei, nel suo romanzo, ha parlato di musica e poesia, universi che contrastano con la realtà odierna, per certi versi cinica ed effimera, di un certo tipo di televisione; è necessario, a suo parere, rieducare la gente, e in particolar modo i giovani, ad una visione della realtà più sincera?
Prima di “rieducare” la gente e i giovani, occorre riflettere sul senso della parola “educazione”. La pedagogia insegna che alla base della crescita di ogni persona devono esserci una serie di valori e saperi necessari a sviluppare l’essere umano in quanto valore supremo. Immaginiamo di disegnare l’individuo come un albero e di valutare la copiosità della sua chioma in base ai nutrimenti ricevuti. Filosofia, etica, musica, teologia, poesia, arte, teatro, letteratura. Rieducare allora, vorrà dire ricordare all’uomo e specialmente ai giovani ciò che sono, che possono e devono diventare. Proporre attraverso un libro i tratti di questo “albero” è già molto, significa indicare una verità, dunque una realtà più sincera.
4- “La musica nel tempo dei fiori di cappero” è un racconto che suscita tante emozioni e sensazioni. La storia di Benedetta è un esempio di come la semplicità e la purezza d’animo possano avere, oggi, un grande valore e, al tempo stesso, di quanto sia facile cadere in certe trame ingannevoli e poi trovare il coraggio di rialzarsi. A tal proposito, lei quali parole rivolgerebbe ai giovani?
Quello che ormai non è più tollerabile in molti programmi televisivi è la strumentalizzazione bieca delle emozioni. La televisione costruisce e falsifica tutto ciò che manda in onda. Muore atrocemente una bambina e subito arrivano le telecamere a pilotare il compiacimento di una catarsi programmata. La maggior parte della gente è consapevole di questo eppure continua a dipendere dalla fittizia libertà offerta dal possesso del telecomando. La televisione induce a non pensare autonomamente, ad assorbire l’orrore e a dimenticarlo. “ La musica nel tempo dei fiori di cappero” è stato scritto per protestare contro un sistema di falsità imperante, espressione di una società avida di spettacoli sensazionali, vorace nei confronti dell’innocenza. Le parole e il violino di Benedetta rappresentano una rara ma effettiva garanzia per un futuro. Quello che auguro ai giovani, ai miei figli, è di trovare dentro se stessi una passione vera che serva loro ad emozionarsi, a poter vivere meno soli. Una passione che possa seguirli in qualunque lavoro decideranno d’intraprendere. Lo scudo di una segreta ricchezza inesauribile.
5- Lei, poetessa attenta e sensibile, come definirebbe la purezza d’animo con una metafora?
Grazie per questa domanda conclusiva che solletica e sollecita un’ invenzione. La poesia si compone di metafore, le metafore creano immagini costruendo dimensioni parallele per l’impossibile. Scriverei questo novenario: “il bianco sorriso del latte”, attribuendo al latte la densità di un volto e l’impalpabile leggerezza di un’espressione, di un’anima. La parola poetica dilata se stessa, produce suggestioni concentriche come onde sonore. Il sasso cade nell’acqua e…
Bianco il latte sorride di purezza…
Un bambino beve dal seno della madre, si nutre beato chiudendo gli occhi in un sogno intatto. Si addormenta. La cadenza serena del suo respiro è indenne da tutto ciò che accade intorno…
Anche Benedetta sorride bianca, tra il cielo e il mare di Salina, nell’aria appena sveglia del mattino.
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