Intervista a Vincenzo Sorrentino, autore de “Il potere invisibile – Il segreto e la menzogna nella politica contemporanea”
1- Alla luce degli ultimi avvenimenti, a livello nazionale ed internazionale, quanta credibilità ha, per lei, oggi, la politica?
Mi sembra evidente la forte perdita di credibilità della politica. Nel nostro paese questa perdita di credibilità è dovuta anche a fenomeni noti, e di cui si è discusso spesso negli ultimi anni, come il permanere di privilegi della classe politica che sono apparsi, all’opinione pubblica, tanto più indecenti quanto più grave si è fatta la crisi economica, una crisi che ha peggiorato le condizioni di esistenza di milioni di persone. L’arroganza e la hybris, la mancanza del senso del limite, di buona parte della nostra classe politica hanno giocato un ruolo importante. Occorre, tuttavia, non cadere nella trappola del provincialismo. La crisi di credibilità della politica è oggi un fenomeno che ha una portata internazionale e che, in assenza di un profondo cambiamento di rotta, è destinato a radicalizzarsi. Il motivo principale, a mio avviso, è quello che potremmo definire un deficit di governo, ossia la mancanza di un adeguato governo politico dei fenomeni epocali e drammatici che ci stanno investendo, dall’emergenza ambientale alla crisi economica. Naturalmente non bisogna credere che la politica sia onnipotente e che possa pianificare ogni aspetto della vita sociale.
Tuttavia non bisogna neanche rimuovere o occultare il ruolo che la politica ha giocato, e gioca tutt’ora, nell’emergere di fenomeni che investono le nostre vite di cittadini e che ci appaiono spesso senza volto, ossia anonimi e indipendenti. I disastri ambientali che hanno colpito alcune zone del nostro paese sono anche una metafora di quel che sta accadendo a livello globale: i mercati, come i fiumi, travolgono ogni argine perché per anni scelte politiche sciagurate hanno distrutto tutto ciò che in passato era in grado di limitarne l’azione distruttiva. La crisi economica e lo strapotere dei cosiddetti mercati, infatti, sono anche e soprattutto il frutto delle politiche neoliberali che hanno favorito la finanziarizzazione senza freni dell’economia. Se la politica ha avuto un ruolo determinante nella nascita del “mostro”, è legittimo chiedersi se essa sia in grado di fermarlo.
Quello che fa perdere credibilità alla politica agli occhi di un’opinione pubblica mondiale che, almeno in alcuni suoi settori, mostra di essere sempre più consapevole e critica, è la constatazione che la politica, lungi dal non avere nessun potere, esercita il suo potere a favore di determinate categorie sociali, quelle che in questi anni hanno tratto i maggiori vantaggi, a danno della maggioranza della popolazione mondiale. Il gioco è ormai palese e non si possono continuare a chiedere sacrifici senza equità.
2- Lei, nel suo saggio, ha svolto un’analisi molto precisa e complessa sul potere invisibile nella politica; a suo parere, il cittadino ha preso coscienza della effettiva pericolosità di questo
fenomeno?
Credo che la sensibilità nei confronti del problema dipenda molto da quanto sia radicata e diffusa la cultura dei diritti, soprattutto dei diritti politici di matrice democratica. Come ha rilevato Karl Jaspers, là dove il potere politico è coperto dall’oscurità i cittadini diventano di fatto dei sudditi.
Soltanto un forte senso della cittadinanza democratica può spingere gli individui a rivendicare quel diritto fondamentale che è il diritto di sapere come opera chi esercita il potere politico. Ecco perché nei paesi in cui tale cultura dei diritti è più debole, come ad esempio l’Italia, si tende a tollerare maggiormente il potere invisibile. Noi siamo un paese in cui la cultura liberale e poi quella democratica si sono diffuse tardi e tra mille difficoltà, oltre che in maniera fortemente disomogenea dal punto di vista territoriale. Il potere invisibile, però, come ho cercato di argomentare nel libro, è pericoloso non solo perché è profondamente anti-democratico, ma anche perché sottrae alla conoscenza dell’opinione pubblica decisioni che, grazie allo sviluppo tecnologico, possono avere un impatto distruttivo senza precedenti: basti pensare agli arsenali moderni o alle tecnologie civili dal forte impatto ambientale. La consapevolezza della pericolosità dell’esercizio occulto del potere, quindi, è oggi connessa, oltre che al radicamento di una cultura democratica dei diritti, anche alla sensibilità nei confronti, ad esempio, delle grandi questioni ambientali che ci troviamo a dover affrontare. La mia impressione è che, seppure in misura differente nelle diverse aree del pianeta, stia maturando una maggiore consapevolezza dell’importanza del problema, anche se gli ostacoli sono enormi. Tuttavia, ho la sensazione che la velocità dei processi di degrado sia maggiore di quella con la quale si va diffondendo una coscienza collettiva più matura e critica su questi temi.
3- Lei menziona Hannah Arendt per approfondire il discorso sul rapporto tra politica e menzogna e sulle conseguenze che scaturiscono da esso. La verità diviene quasi un’opinione e
l’immagine e l’apparenza prevalgono sulla realtà; che gravità assume, oggi, questo fenomeno, nel nostro Paese?
Il nostro paese è particolarmente esposto al pericolo di quella che ho definito la neutralizzazione della verità. Nelle società democratiche contemporanee non di rado vengono alla luce verità che erano state occultate, riguardanti, ad esempio, casi di corruzione, strategie eversive, ecc.
Talvolta, però, vi sono condizioni sociali e culturali capaci di neutralizzare, agli occhi di fasce consistenti dell’opinione pubblica, queste verità, ossia di svuotarle, farle cadere nel nulla, depotenziarle, renderle inefficaci, privarle della loro forza d’urto, e cioè della loro capacità di scuotere i cittadini. Preciso che quando parlo di verità intendo quelle che la Arendt definisce le “verità di fatto”, le quali concernono i fatti. Tali verità rischiano spesso di non avere nessun peso politico non solo, né principalmente, perché non riescono ad emergere a causa di sistemi di censura (che pure esistono), ma perché una volta emerse tendono ad essere svuotate. Sotto questo profilo, un’efficace condizione di neutralizzazione della verità può essere la diffusione della teoria del complotto. Quest’ultima alimenta la convinzione che dietro ogni rivelazione di verità precedentemente occultate vi sia una regia segreta. La rivelazione di un fatto viene percepito come lo smascheramento di una cospirazione da parte di un’altra cospirazione, e così via, all’infinito.
Ogni verità cade nell’indifferenza: tutto, infatti, è visto come frutto di un complotto. Ad esempio, in Italia la teoria del complotto è stata spesso utilizzata da esponenti della classe politica, colpiti dalle indagini sulla corruzione e altri reati, che hanno accusato i magistrati coinvolti, e talvolta l’intera magistratura, di voler distruggere il loro ruolo politico, ossia di essere di parte, di favorire cioè l’opposizione conducendo le inchieste a senso unico. Tali campagne pubbliche, anche grazie alla complicità di giornali e reti televisive, hanno disorientato consistenti settori dell’opinione pubblica e hanno creato un clima generalizzato di sospetto. La conseguenza è stata l’incapacità, per molti cittadini, di distinguere tra verità e menzogna. Non solo la censura, ma anche la confusione (ad esempio tra fatti e opinioni o tra realtà e cospirazione) può soffocare la verità. Purtroppo, però, siamo in presenza di un fenomeno complesso e non riducibile all’azione intenzionale di alcuni soggetti. Ad esempio, l’incessante susseguirsi di menzogne, rivelazioni, insinuazioni, confessioni, ritrattazioni, e così via, può accentuare la sospettosità di molti cittadini nei confronti del volto visibile del potere e accrescere la loro propensione a credere che tale volto nasconda sempre delle strategie invisibili. Troviamo qui, a mio parere, un importante fattore della profonda degenerazione della sfera pubblica in Italia, un paese nel quale la lotta tra i poteri invisibili e i soggetti che hanno denunciato le loro trame ha dominato, per diversi decenni, la vita politica.
4- E’ evidente che, proprio a causa della pericolosità del potere invisibile, diventa necessaria la massima trasparenza nel sistema politico; è questo ciò che lei scrive, sostenendo che vi è
l’esigenza di una democrazia partecipativa. I cittadini devono essere a conoscenza dei processi decisionali per non subire passivamente l’azione dei governanti; a suo parere chi ha più
responsabilità nell’attuazione di questo processo, la politica o il cittadino?
Le lotte dal basso hanno giocato un ruolo determinante nell’affermazione dei diritti, anche ovviamente del diritto di conoscere come opera il potere. Occorre essere realisti: il principio della trasparenza, anche parziale, del potere politico non è stato un dono elargito dall’alto, ma il frutto di movimenti culturali e battaglie politiche e sociali. Il grado di trasparenza di un sistema politico credo che dipenda innanzitutto dal livello di vigilanza civile e di partecipazione dei cittadini. Là dove queste ultime sono deboli, chi esercita il potere può con maggiore facilità promuovere i propri interessi personali o quelli del gruppo cui appartiene (partito, corrente di partito, impresa, ecc.), coperto da un’oscurità che sarà tanto più fitta e inviolabile quanto più distanti saranno gli sguardi di un’opinione pubblica mera spettatrice del teatro politico e non compartecipe della scena, e dunque anche conoscitrice, o almeno indagatrice, dei suoi retroscena. Il generalizzato distacco dalla politica rende più semplice l’esercizio occulto del potere politico, dal momento che quest’ultimo non viene investito dalla luce che promana dallo sguardo vigile e indagatore di un’opinione pubblica attiva.
Guardiamo ad esempio alla drammatica crisi di sistema che stiamo vivendo. Come accennato, essa è stata anche e principalmente il risultato di scelte, spesso occulte, operate da settori consistenti della classe politica strettamente legati ai vertici di grandi imprese e istituzioni finanziarie. A descriverci il profilo di questa “Superclass” globale è stato David Rothkopf, non un leader no-global, ma l’ex consigliere per il commercio estero di Bill Clinton. Nessuna teoria del complotto.
Occorre essere consapevoli, però, delle responsabilità delle classi dirigenti nel favorire la crescita di un sistema finanziario che ha visto una drastica riduzione della trasparenza politica e della capacità di controllo da parte dei cittadini, attraverso le istituzioni democraticamente legittimate, dell’esercizio di un potere, quello politico, che si è sempre di più subordinato agli imperativi del sistema economico. Come si può pensare che a farci uscire da questa situazione sarà la stessa classe dirigente che ha contribuito a crearla? Gli individui, ovviamente anche quelli appartenenti alle classi dirigenti, possono capire di aver sbagliato e mutare atteggiamento; tuttavia, non mi pare di riscontrare un alto livello di autocritica all’interno delle principali istituzioni economiche e politiche. Credo, quindi, che un mutamento di rotta potrà eventualmente verificarsi soltanto grazie a forti movimenti dal basso che spingano verso politiche profondamente diverse da quelle che sono state egemoni in questi ultimi anni e verso quello che a me sembra un auspicabile ricambio della classe dirigente.
5- Affermando che il potere invisibile può essere sconfitto solo dalla verità, e che quest’ultima presuppone il coraggio, lei crede che sia auspicabile una società di coraggiosi, in cui si riesca
ad affermare la verità? In ogni caso, io me lo auguro.
Il tema del coraggio della verità mette in gioco la questione del conflitto tra colui che dice la verità e colui che vuole nasconderla, e che dunque cerca di ostacolare il primo, con mezzi che possono andare dalla censura, all’emarginazione, fino alla violenza fisica. Denunciare una verità occultata dal potere comporta sempre un rischio, il cui grado varia a seconda della situazione. Nella nostra storia repubblicana non mancano certo figure che, mettendo consapevolmente a repentaglio la loro vita, hanno cercato di portare alla luce verità scomode riguardanti dei poteri occulti. Forse nessuna democrazia avanzata ha conosciuto un numero così alto di morti nella battaglia civile per la verità.
E’ allora essenziale non lasciare isolato colui che ha il coraggio di denunciare verità scomode, non soltanto perché è più facile emarginare o eliminare un singolo, ma anche perché per essere politicamente efficace una verità rivelata deve essere sostenuta da una rete di relazioni, da un agire comune che, spinto dalla conoscenza di quella verità, combatta il potere che l’aveva occultata e ostacoli le finalità perseguite da tale potere. Il caso della mafia è emblematico. Credo che il potere invisibile possa essere combattuto solo attraverso la crescita e la diffusione di una coscienza civile che porti un numero sempre maggiore di persone a non subire passivamente giudizi, luoghi comuni e rapporti di potere, come se si trattasse di qualcosa di ineluttabile.
domande a cura di Rosaria Andrisani