L’assassino, un giallo classico, intrigante, attuale. La normalità trasformata in follia
“L’assassino” (ed. Adelphi, 12 € su Feltrinelli.it), di Georges Simenon, è un giallo classico ma appena uscito in traduzione italiana, e chiaramente in cima alle classifiche.
Simenon, morto nel 1989 a Losanna, è stato un autore davvero prolifico, lasciando dietro di sé 193 romanzi pubblicati sotto il suo nome e un numero imprecisato di romanzi e racconti pubblicati sotto pseudonimi, oltre a volumi di «dettature» e memorie.
Per chi non avesse ancora capito di chi si tratta, si può fare il nome del protagonista della maggior parte dei titoli, precisamente 76 dei suoi romanzi: il commissario Maigret, la cui ultima avventura è uscita nel 1972. Molti nel tempo sono stati gli scrittori che hanno riconosciuto in lui un maestro della narrativa e del giallo, da Miller a Faulkner ad André Gide, che a suo tempo ha dichiarato di considerare Simenon come “un grande romanziere, forse il più grande e il più autentico che la letteratura francese abbia oggi”. Sulla falsa riga anche Walter Benjamin e Louis-Ferdinand Céline.
L’assassino è inedito in Italia, ed è uno di quei romanzi in cui Maigret non è protagonista. Tuttavia, essendo lo stesso autore, c’è da aspettarsi qualcosa di unico. Anche il titolo è dei più classici, e la storia, d’altronde, è tanto di più ovvia e altrettanto interessante che uno può immaginarsi. Ma la grandezza di un autore è rendere una storia che potrebbe essere banale in qualcosa in cui ci identificheremo, come fosse parte della nostra vita.
I gialli di Simenon non sono come siamo abituati a pensare. Sono introspettivi, psicologici. La narrazione inizia nella maniera più classica. Un uomo, il dottor Hans Kuperus, ha una vita rispettabile, un lavoro prestigioso, una bella moglie e un club del Biliardo in cui si reca ogni martedì sera. Però ha il difetto di essere troppo ambizioso, e vorrebbe diventare presidente di questo club, perché da lì passano tutti gli uomini più importanti.
Il pretesto per un atto infame lo trova ricevendo una lettera anonima, la quale dà ora e luogo dove sua moglie si incontrerà con un probabile amante.
La decisione dunque è presa. Il primo martedì di gennaio si dirige verso quel luogo in treno, e proprio nelle vicinanze esso si ferma. Hans scende dal treno e va diretto, camminando nel freddo e nella neve, verso il bungolow in riva al lago indicato. Già prima di salire aveva comprato una rivoltella, invece di recarsi ad una riunione dell’Associazione di Biologia. Così, quando i due escono, si trasforma in assassino e li uccide, buttando i cadaveri nel lago.
Tanto per credere di dare una svolta alla sua vita, si porta pure a letto la domestica. E da quel momento, pensa, tutto cambierà, e potrà diventare finalmente il presidente del club del Biliardo, dato che l’amante della moglie era proprio colui che voleva sostituire, il conte Shutter, e ora giace morto in fondo a quel lago.
Così la sua illusione si fa strada. Ha fatto ciò che gli altri non hanno avuto il coraggio, ovvero infrangere la cappa di rispettabile noia nella quale vivono tutti quelli che conosce. Ha potuto “trasgredire”, e per questo sarà premiato.
Invece quel che accade è proprio il contrario. Se dapprima l’illusione si rafforza, in seguito Hans si troverà ad aggrapparsi di nuovo a tutto ciò che aveva tentato di lasciarsi alle spalle. Perché comincia a crearsi un alone di vuoto, che lui tanto tempo, attorno, con il sospetto sempre più marcato che appare nelle espressione di tutti gli altri.
L’assassino dunque non parla di un omicidio, ma di come una qualunque persona borghese, in cui si ripetono in una monotonia piccoli gesti, ogni giorno, possa trasformarsi attraverso un atto di follia pensata e architettata nei minimi particolari in un essere pericoloso.
Simenon, sin dall’inizio del romanzo, comincia a porre interrogativi al lettore inchiodandolo alla narrazione, giocando sulla suspense e su un linguaggio falsamente tranquillo.
Nel romanzo il protagonista, Hans, è da un certo punto di vista inquietante, per il suo assillante bisogno di disfarsi di ciò che gli ingombra la vita, pur in un ambiente del tutto normale. Questo perché Simenon scava all’interno della sua psicologia fino a rivelare che i suoi desideri più nascosti, attraverso l’omicidio, vengono a galla e sono lasciati scorrere fino a sommergere tutta la propria vita. Ma in questo fiume di desideri che sono del subconscio, alla fine spesso ci si rimane annegati, e l’autore lo mostra. Simenon segue una traccia, con grande sicurezza, che aveva già sottolineato in altri romanzi: la discesa nell’abisso di coloro che osano “passare la linea” e, infine, ne pagano il prezzo.
E lo stile è proprio quello di Simenon. La descrizione degli ambiente e delle atmosfere sono precise, e concentrate in poche pagine. Lo scrittore mantiene sempre una certa sensibilità concentrando tutto con una grande economia di mezzi. Riuscendo a darci benissimo l’idea della trasformazione interiore di Hans man mano che accadono gli avvenimenti.