Intervista a Matteo Zambrini giovane poeta romagnolo autore di “Altrove”
Matteo Zambrini: poeta. Vuole raccontarci come si è avvicinato alla scrittura?
Verso i quindici anni ho sentito l’esigenza di comunicare attraverso la scrittura i sentimenti di assonanza con la Natura, in tutte le sue manifestazioni, che provavo già fin da piccolo. Il mio scrivere nasce quindi da un’esigenza di comunicazione, di condivisione della mia dimensione interiore e della mia percezione del mondo. Ma risponde anche alla volontà di “portare fuori” i movimenti dell’anima, per confrontarsi meglio con essi.
A mio parere la conoscenza è fondamentale per costruire uno stato interiore in cui la si può (o deve?) dimenticare nei suoi dettagli, vivendo la traccia interiore che ha lasciato. “Uccidere per scherzo” allude al superamento delle categorie umane, delle definizioni, dei binari in cui inseriamo le nostre vite. Fondersi con qualcosa che va oltre tutto questo, qualcosa che sovverte il nostro ordine mentale e trascende la ragione umana, che può compiere per scherzo un qualcosa che per noi non ha nulla di scherzoso.
Lei sembra inoltre voler spingere più verso la contingenza che verso un
altrove sconosciuto e pericoloso, dove le lanterne potrebbero spegnersi e le
stanze del mare diventare troppo profonde. Ritiene che ancorarsi al presente
sia più sicuro che guardare oltre?
Le poesie contenute nella raccolte rappresentano vari aspetti della mia
persona, non necessariamente congruenti o coerenti, talvolta anzi apparentemente (?)
discordi.
Dico questo perchè altre poesie invitano esplicitamente alla contemplazione
del profondo.
In effetti mi riconosco sia nell’invito alla contemplazione, sia nell’invito
al limitarsi alla superficie delle cose, dopo averne però intuito la profondità. E’ una sorta di binomio
altalenante che mi accompagna da sempre, e non sento il bisogno di correggerlo,
le contraddizioni fanno parte di noi.
Tornando alla domanda, credo che sia opportuno guardare oltre tenendo i
piedi ben ancorati a terra, per non rischiare di perdersi. Fare piccoli passi fin
dove la nostra natura e il nostro istinto ci portano, senza perdere di vista la
semplice quotidianità delle cose. Questo, almeno, per quanto riguarda me. Non
esistono leggi universali a proposito, credo.
Essere poeta in un’era così frenetica sembra più un capriccio che
un’esigenza. Quali sono le difficoltà che ha dovuto superare e che incontra
quotidianamente?
Ben venga il capriccio del comunicare, allora.
Credo che i ritmi convulsi e le esigenze imposte dalle moderne società
occidentali abbiano un po’ allontanato l’uomo dai valori autentici, dalle
cose semplici e vere. Quotidianamente, per istinto o per ragionamento,
mi piace rispondere alle mie esigenze più umane, tornare al “vero”, al
semplice, laddove i nuovi miraggi della società ci rendono sempre meno
umani e capaci di interagire tra noi e con l’ambiente.
Sto scrivendo, con molta calma, come sempre, alcune cose nuove.
Non ho progetti a breve termine, ma non appena avrò un
numero sufficiente di poesie, probabilmente pubblicherò un’altra raccolta.