Il cinquantunesimo giorno. Memoria di una guerra di sabbia
Cresciuto a Lucignano, in Toscana e trasferitosi nel 1994 a Padova, Stefano Fierli ha deciso di ambientare il suo primo romanzo in una stanza, un quadrato tre metri per tre contenente un letto, un cesso ed un lavandino da cui sgocciola acqua non potabile.
Il quadrato è una cella di prigione. La prigione si chiama Guantanamo.
Dall’unica finestra della cella, sole e vento di tanto in tanto attraversano le sbarre portando calore e granelli di sabbia.
Rinchiuso in un carcere dove ci torturano, uccidono i nostri familiari, ma quasi ogni giorno spazzano la cella, il protagonista comincia di nascosto a raccogliere quei granelli di sabbia, quelle note del pentagramma suonato dal vento, lasciate cadere lì perché non gli servono più.
Non sabbia, ma rabbia affondano le dita del protagonista quando su queste note tornate polvere comincia a scrivere un diario, un giornale intimo per raccontare come si sente e quello che gli sta succedendo intorno, per mantenere viva la memoria e tentare di graffiare ancora una volta i motivi che lo hanno portato a farsi soffiare da sotto il naso la propria libertà e la propria democrazia
Fanatico e un po’ paranoico, comincia a raccontare di un disordine mondiale nuovo, di una Guantanamo capovolta, piena di yankee carcerati e di integralisti islamici carcerieri. Là fuori, la Lega Araba si è sostituita al G8, Ted Bush nell’immaginario collettivo ha preso il posto di Osama Bin Laden e gli Stati Uniti d’America hanno per guida un presidente fantoccio, risultato di un Occidente strapazzato dal mondo arabo.
Il suo è uno scrivere e cancellare, scrivere e cancellare parole destinate al nulla, frasi che comporranno un inesistente diario di sabbia dove sfogarsi ogni giorno, ripetersi che l’umanità è polvere.
Poche spiegazioni per raccontare com’è andata, intervallate da ricordi di uragani e tragedie ambientali buttano in faccia al lettore un pianeta devastato dalla guerra, dalla paura della guerra, dal cielo che sotto forma di acqua e vento sputa in faccia alle città di tutto il mondo la CO2 prelevata in fretta ed in modo ingiusto dalle viscere del pianeta terra.
“Eravate milioni di uomini come noi e per conoscervi abbiamo dovuto sapervi in guerra” scrisse a un certo punto Pier Paolo Pasolini, parlando della guerra in Corea.
Sono poche centinaia le sconosciute vite realmente rinchiuse a Guantanamo, isoletta di Cuba, il cui nome è noto in tutto il mondo.
Saranno sporchi e arancioni i panni del lettore che per 51 giorni deciderà di vestire i pensieri di questo detenuto immaginario, prigioniero dentro un mondo semplicemente capovolto ed altrettanto assurdo.
Lo scemo della cella accanto ed Ibrahim, l’unico carceriere gentile della prigione accompagnano e provocano spunti maniacali più o meno risolti, slanci di vita e d’indignazione, sorpresa, isteria e dolore. Mai un tocco di sollievo o speranza per questo yankee partigiano sconfitto nell’anima.
La sua sete di giustizia è massacrata da ricordi delusi e dalle teorie di Alfredsons, utopista insopportabile quasi quotidianamente decantato dal solo compagno di cella che sragiona alla portata del suo orecchio.
Durante il finale, il cinquantunesimo giorno, accadrà un episodio cruciale per due vite, normalmente folle per il resto del mondo e che comunque non risolverà l’interrogativo durante tutto il libro sfogliato: cos’è che trasforma la giusta rabbia nel sorriso amaro della pazzia?
Articolo scritto da Alessandro Berni
Scheda tecnica:
Titolo Libro: Il cinquantunesimo giorno. Memoria di una guerra di sabbia
ISBN: 978-88-7371-570-2
Autore: Stefano Fierli
Editore: Robin edizioni
Collana: La biblioteca di domani
Genere: Narrativa italiana
Anno di pubblicazione: 2010
Pagine: 288
Prezzo: 13 euro.
Foto di copertina: Giliola Chisté