Intervista a Fabio Bertinetti, autore de “La città punita” il suo secondo romanzo ambientato nel Rinascimento italiano.
La definirei “ancestrale”. Ci sono nato con l’amore per la storia. Fin dai primi anni di studio era la materia in cui meglio mi cimentavo. Ho ancora la prima enciclopedia a fascicoli che mi accinsi a completare. Ci vollero un paio di anni, ma poi la soddisfazione di avere a disposizione “le grandi battaglie che hanno fatto la storia” fu immensa. Ogni tanto la leggo ancora oggi.
-Lei ha ambientato i suoi primi due romanzi nel Cinquecento: si tratta di una scelta dettata dal caso o nutre una particolare predilezione per il Rinascimento italiano?
Ho apprezzato questo periodo storico, con il tempo. Ritengo che sia profondamente sottovalutato nello studio e nella divulgazione. E’ evidente che la storia dell’antica Roma, evocando grandi fasti, sia più intrigante, eppure anche nel ‘500 vi è spazio per creare trame narrative accattivanti. Il primo romanzo è nato un pò per caso ed il periodo è stato scelto allo stesso modo. Ero particolarmente affascinato dalla disfida di Barletta, quindi volendone parlare il percorso è stato obbligato.
-Le piacerebbe scrivere un terzo seguito alle storie di Raimondo?
Lo sto già facendo. Tra le storie dei primi due romanzi, vi sono ventiquattro anni di distanza. Sentivo la necessità di colmare il gap, per poi proseguire nella vita di Raimondo.
-Quali autori legge più volentieri? Ha qualche modello di riferimento quando scrive?
Cerco di utilizzare uno stile personale. Apprezzo molto la prosa asciutta di Camilleri, la trovo essenziale e completa. Mi piacciono molto anche Lucarelli, Valerio Massimo Manfredi e Giorgio Faletti. In ultimo vorrei citare anche il fenomeno Luther Blissett: il suo “Q” lo ritengo il miglio romanzo storico che abbia mai letto.
-Ha altri progetti letterari in cantiere?
Dopo il terzo di cui sopra? Si certamente, anche se per ora è solo un’idea.
-Le piacerebbe vedere i suoi libri trasposti in film? Se si, da chi li farebbe dirigere? E a chi affiderebbe il ruolo di protagonista?
Anche se ritengo che i libri sono più completi dei film, comprendo che il cinema o la TV sono delle occasioni senza pari per divulgare l’opera. Ho molto apprezzato “Il mestiere delle Armi” e, considerando che la contestualizzazione storica è la medesima del mio secondo romanzo, sarebbe bellissimo se un Maestro come Olmi potesse dirigere un film basato su “La città punita”. Per il ruolo del protagonista penserei al bravissimo Pierfrancesco Favino. Sto volando troppo alto?
Marta Bergese