È flebile la mia voce | Anna Achmatova
Una voce intensamente femminile e ardente, consapevole della forza delle proprie parole quanto della preponderanza della propria figura nel panorama culturale russo. «Le cinque A di Anna Achmatova collocarono la titolare di questo nome in testa all’alfabeto della poesia russa» affermò un suo grande stimatore come il Nobel per la Letteratura Iosif Brodskij.
Anna Achmatova (1889-1966) è una delle punte di diamante del cosiddetto “Secolo d’argento” della letteratura russa. È flebile la mia voce e altre poesie, l’opera curata e tradotta da Paolo Galvagni ed edita da Via del Vento edizioni, raccoglie una selezione di ventisei liriche che percorrono tutta l’esperienza artistica della Achmatova.
Il benvenuto al lettore arriva proprio con la lirica che dà il titolo all’intera raccolta: È flebile la mia voce, poesia risalente al 1912. L’opera procede in ordine cronologico passando dagli anni della Rivoluzione russa, dal lungo silenzio imposto dalla censura a cavallo tra gli anni venti e trenta, fino ad arrivare alle dolorose rime tratte dal famoso poemetto Requiem che rispecchia l’esperienza delle grandi purghe di Stalin.
Durante questo buio periodo, la poetessa (nata Anna Gorenko, ma che decise di adottare il cognome Achmatova in memoria di una principessa tartara che sposò il condottiero mongolo del XV secolo Akhmat Khan), come centinaia di altri madri, protestò per lunghissimi mesi fuori dalla Kresty (il famigerato carcere di Stalingrado) per la prigionia forzata del terzo marito Nikolaj Punin e dell’unico figlio Lev, futuro storico e antropologo sovietico.
Leggere corrono le settimane.
Non capisco quel che è accaduto,
come tu, figlio, sia finito in prigione.
Bianche notti hanno guardato
e ancora guardano
con l’occhio caldo di uno sparviere.
Parlano della tua alta croce
e della morte.
È flebile la mia voce e altre poesie si conclude con le ultime poesie dell’età matura e post staliniana degli anni Cinquanta e Sessanta.
Anna Achmatova muore a Mosca il 5 marzo 1966.