Il Dono | Susanna Hawkwood
La trama
Eva è intelligente, colta, autoironica, sportiva. Soprattutto, Eva è dislessica… e fa la correttrice di bozze e traduttrice. Figlia di una madre perfida e prepotente e di un padre frustrato e anaffettivo, fin da piccolissima fa sogni ricorrenti, nei quali vive una vita parallela con una famiglia affettuosa e felice, tanto da convincersi che i sogni siano la realtà, e la vita reale il sogno.
Vive con un gatto iperattivo e geniale, arrabattandosi per sbarcare il lunario, ma ben decisa a non tornare a casa dai suoi e, per questo, rinuncia a comodità, vacanze, amici, perfino alla montagna e ai suoi sogni. Finché, una notte, viene svegliata dalla strana telefonata di una zia di cui ignorava l’esistenza, che le annuncia la sua imminente visita.
Da quel momento la vita di Eva è totalmente rivoluzionata: tra parenti fin troppo originali, situazioni surreali, un ambiente naturale mozzafiato, l’adorabile vecchietta la porterà a scoprire segreti di famiglia, verità nascoste, in un gioco di scatole cinesi nel quale una rivelazione dopo l’altra, un dono dopo l’altro, Eva si scoprirà una persona nuova, farà pace con le sue capacità, fino a trasformare il suo più grande ostacolo nel dono più grande.
Il Dono ha come tematica di partenza la dislessia, offrendo il punto di vista dell’autrice Susanna Hawkwood, dislessica, la quale è stata mossa dal forte desiderio di trattare questo argomento per fare un po’ di chiarezza, in quanto troppo spesso tutti parlano di dislessia, tranne i dislessici.
Nella stesura dell’opera protagonista della nostra presentazione hanno avuto un ruolo molto importante anche la ricerca interiore, i segreti di famiglia della protagonista, metafora della storia personale di Susanna. Il tutto immerso nel legame con la Terra e la Montagna, che sono presenze, personaggi reali, non semplici ambienti o ambientazioni.
“… puoi cercare un’altra chiave, una chiave vera, che apra tutte le chiusure del tuo scrigno, una dopo l’altra, fino alla porticina più segreta. E allora il mondo ti apparterrà: scoprirai che i tesori che hai sono infiniti e inestimabili, e che puoi davvero conquistare qualsiasi cosa desideri. Devi soltanto trovare la tua chiave.”
Collocabile nel genere fantasy (in particolare per la presenza di creature non esattamente appartenenti alla realtà ordinaria e per le particolari abilità dei personaggi) Il Dono narra “il tipo di evoluzione della civiltà Valdombriana, basato sulle capacità psichiche, energetiche, alchemiche e magiche, anziché sulla tecnologia e la meccanica, come avviene nel nostro mondo”.
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L’autrice
Susanna Hawkwood, nata e cresciuta a Torino, ha ascendenze Salasse, Taurine e Bretoni (si definisce “Gallina D.O.C.”). Figlia di alpinisti, cresce tra le montagne, sviluppando un’intensa affinità con tutto ciò che appartiene a questo ambiente. Fin da giovanissima inizia a occuparsi di gioielli, sino a crearne lei stessa.
Da piccola entra in contatto con le Scritture Vediche e sviluppa l’interesse per le popolazioni indigene e le conoscenze ancestrali da loro ancora possedute. Incontra così membri appartenenti a popoli Siberiani, Tibetani, Nepalesi e del Sud Est Asiatico, Sami scandinavi e soprattutto diventa attivista al fianco delle Nazioni Indigene Americane. Pur con una formazione scientifica classica e gli studi alla Facoltà di Agraria, per anni si occupa di terapie energetiche, in particolare attraverso minerali e cristalli, ampliando la ricerca al suono e alla luce.
Tra le sue pubblicazioni troviamo la raccolta di racconti dal titolo Frammenti, illustrata dal giovane artista Daniel Tutuianu.
Come nasce il suo amore per la scrittura? L’autrice de Il Dono ce lo racconta così: “Buffo, sono dislessica, eppure, con i limiti e limitazioni del caso, ho sempre amato scrivere, soprattutto quelli che io definivo “sogni”. Probabilmente, però, non scrivevo solo quelli, perché le maestre (andavo a scuola dalle suore) mi ritenevano una pericolosa eretica fin dalle elementari. In ogni caso, i miei lavoravano nell’editoria, in legatoria: mio padre era rilegatore d’arte, faceva dorature, inoltre scriveva per riviste di montagna, così casa mia era (ed è) sempre piena di libri, in tutte le stanze. Se andavo a casa di qualcuno dove non c’erano libri, mi sentivo a disagio, era come non ci fosse stato il tetto o mancassero delle pareti. Forse era inevitabile che cominciassi a scrivere…”
Per saperne di più sull’autrice leggi la nostra intervista QUI.
Lo stile
Tre autori hanno, in qualche modo, influenzato la scrittura di Susanna Hawkwood: Rudolfo Anaya con “La Magia di Ultima”;Terry Pratchett, forse nel tentativo di trovare, in alcuni casi, un che di ironico, divertente e surreale (ma non nel tipo di trama o di ambientazione e nemmeno nel ritmo); Wodehouse, dal momento che l’autrice adorava il personaggio di Jeeves, non sapeva ancora leggere, non andava ancora a scuola, ma lo stile di questo autore, che la zia amava leggerle, l’ha comunque ‘catturata’.
Come spesso accade, il modo di scrivere della creatrice di un testo risente delle sue letture del cuore ma, alle volte, c’è qualcosa di più. Parlando di ‘sogni di similitudini e accostamenti’, la creatrice de Il Dono non ha dubbi: “Tempo fa ho pubblicato sul mio profilo facebook l’incipit di La Magia di Ultima, spiegando che, a volte, quando ho bisogno di letteratura, lo apro e lo leggo. Penso sia una delle pagine più poetiche ed eleganti che abbia mai letto, un’eleganza quasi naif, per certi versi, ma che mostra cosa debba essere la Letteratura, non lo scribacchiare. Sarei davvero felice se, un giorno o l’altro, fossi in grado di scrivere qualcosa a quel livello”.
Lo stile di Susanna diviene un efficace strumento al servizio del genere fantasy, ma non solo, dato che, facendo riferimento a quanto detto in apertura, Il Dono ha una notevole componente autobiografica, soprattutto nei primi due capitoli. Essa si palesa pure attraverso il ‘dono’ fatto dall’autrice non soltanto ai lettori, ma anche a se stessa: con la stesura di tale opera Susanna ha scoperto elementi della sua vita di cui non aveva mai avuto totale chiarezza.
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