Cacciatori nel buio | Lawrence Osborne Cacciatori nel buio | Lawrence Osborne

Cacciatori nel buio | Lawrence Osborne

Il buio fa paura. È una paura che non sappiamo definire, sin da piccoli. È atavica in ognuno di noi. Il buio nasconde i tratti della nostra realtà conosciuta, dilata i rumori e rende palese il vero sussurro della nostra anima, imponendoci di procedere a tentoni. 

Il buio, però, ha un valore che lo rende prezioso e che la luce non ha: permette di creare realtà diverse da quelle vissute, ci permette di rivivere le passate e ci impone una presa di conoscenza su quella che apparirà nuovamente davanti a noi quando si sarà fatto di nuovo giorno ed il sole della nostra coscienza avrà fatto capolino dando spessore tangibile al nostro vivere.

Il buio, quindi, impone un viaggio fuori e dentro di noi alla scoperta dei nostri limiti e perplessità, dei nostri pregi e difetti, delle nostre azioni, buone o cattive che siano: ci impone insomma di essere “cacciatori” di mancanze e limitatezze che potranno farci soccombere o vincere, accettare o dimenticare ciò che siamo stati, e accettare quello che siamo diventati.

Nella nuova avventura letteraria di Lawrence Osborne, edita da Adelphi, Cacciatori nel buio, c’è tutto questo e molto altro. In una storia dai più livelli narrativi nasce un filo preciso che nel buio e con il buio si muove con un obbiettivo ben definito: indagare sull’io in questa nostra contemporaneità in cui spesso la voglia di “scappare” per un nuovo inizio è un voler nascondersi dagli insuccessi nella convinzione che, ripartendo da un nuovo inizio, possa essere più facile ritrovarsi. Con questo istinto il protagonista della storia si misura.

Robert Grieve è un barang (come lo chiamano i cambogiani), uno “straniero” del Suxxes Inglese, un occidentale come tanti deluso da

una vita che non esce mai dalla misura, verso un meraviglioso eccesso.

Robert è in bilico, più o meno figurato, tra la fuga e e la possibile rinascita. Sul confine tra Thailandia e Cambogia Ouksa, la sua guida cambogiana, lo ha convinto a trascorrere le ultime sere della sua vacanza (o fuga) in uno dei molti casinò sorti in questa zona franca: linea di demarcazione visiva tra la luce dello sfarzo glam thailandese e il buio da smarrimento violento cambogiano.

E accade l’inaspettato, una vincita cospicua e la conseguente decisione di continuare la permanenza in quell’area geografica in cui vuole rendersi invisibile al mondo. Il paese che intravede tra il buio e la nebbia del crepuscolo, fatto di un caldo diurno schiacciante e dove il buio ha ancora il sapore denso del terrore senza grida fa al caso suo. La Cambogia sarà in grado di rendere evidente la sua invisibilità.

Lungo il tragitto che lo sta portando verso la capitale, in uno scavo Khmer incontra un altro barang come lui. E’ un americano, Simon Beauchamp, ed è il suo opposto: lui anonimo nel vestire e nel vivere; l’americano indossa abiti bianchi e si accompagna con una donna suadente che dà un tono non certo banale al suo incedere. L’invito a giocare una partita a scacchi nella abitazione situata lungo il fiume che porta a Phon Phen, fumando coccolati dal buio e dalla leggera frescura che spezza l’umido diurno, non può essere rifiutato da Robert, che si risveglierà intontito la mattina successiva su di una chiatta in approdo a Phon Phen senza più nulla di suo (soldi compresi) e vestito degli abiti di Simon. La sorte gli ha messo su di un piatto d’argento la possibilità reale di diventare invisibile e decide: d’ora in poi sarà Simon, cercherà di sopravvivere insegnando inglese ai ricchi cambogiani della capitale. Così conoscerà Sophal, giovane medico cambogiano, e attirerà i sospetti sulla sua identità di Davuth poliziotto e “fantasma” del passato Angar di Pol Pot.

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Il vivere di questi tre “cacciatori ” alla ricerca di se stessi e di una loro nuova dimensione vitale si sfiorerà fino a incrociarsi tra violenza, sincerità e amore, facendoli entrare in una nuova esistenza dove i Ka – fantasmi del destino cambogiani – non saranno più fuggibili ma affrontabili.

Così affrontata potrebbe apparire come una storia “semplice” legata a un viaggio come tanti, ma Osborne con il suo stile asciutto, lineare e descrittivo, coinvolge, avvolge, affascina, abbaglia, ‘imprigionando’ il lettore.

In una storia, dove ogni singolo personaggio appare slegato e il fluire narrativo sembra  fare solo da “cornice” alle vicende del protagonista, colpi di scena, capovolgimenti e “decisioni” inaspettate diventano focus lenti che avvicinano il vero obiettivo di ogni personaggio: andare a caccia della felicità, ad ogni costo. Il proprio vivere non li soddisfa (nel caso di Robert), non gli appartiene (nel caso di Davuth). Si percepiscono estranei (nel caso di Sophal) e senza una vera identità, e via dicendo.

In questa ricerca, che è caccia, che appare come un “fuggire“, un “nascondersi” da un contemporaneo insoddisfacente, il caso  non si distrae e pone dinanzi ai vari personaggi scelte ammiccanti a cui è impossibile dir di no, alimentando quella che appare una “ingorda fame” individualistica di raggiungere ciò che si desidera con ogni mezzo. anche mentendo, ricattando e violando l’altro.

Così Robert  crederà di poterla raggiungere, abbandonando la propria identità sulla rive di un fiume, contemporaneo Mattia Pascal, Sophal scapperà dal passato del suo paese (la Cambogia) che sembra non appartenerle e di cui ne diverrà dolorosamente parte, Simon si “trasformerà” in un altro perdendosi definitivamente, e Davuth crederà di poterla raggiungere con i soliti “metodi polpotiani” , pagando però un amaro dazio.

Ma Lawrence Osborne non si limita a “raccontare” solo gli andirivieni dei suoi personaggi: fa di più. Affianca, concretizzando una sorta di sovra protagonista imprescindibile ed invisibile. Lo fa leggero, inconsistente ma pesante, capace di mescolare e rimescolare le carte mille volte quando si fa spessore vivente tra una notte e un crepuscolo: il Buio . Robert, Sophal e tutti si muovono in lui e con lui: ne vengono avvolti accompagnati, accarezzati. È fuori e dentro di loro perché

…in Cambogia il buio è reale, fatto di densità che quasi si fanno carne, e opprimono come il caldo schiacciante del mattino.

Il buio è l’ago impercettibile del perpetuo equilibrio tra vita e morte, tra destino e karma, tra vivere e non vivere.

La vita, nel buio dei nostri dubbi, delle nostre perplessità e dei nostri desideri, si deforma, si trasforma, rallenta, diventa altro da sé, illudendoci di poter vincere oppure vinti di soccombere inevitabilmente. Solo la luce del mattino, fatta di nostre scelte e prese di coscienza, restituisce tono alla vita. E lei riprende.  Scorre diversa, un po’ più lenta forse, ma rinnovata nel nostro più convinto incedere.

Così, quando il Mekong, infuocato al tramonto, coccolerà Phon Phen e il soffio leggero della brezza serale lo arriccerà; quando l’umidità pesante del giorno sarà patina leggera sulla pelle dei cambogiani e dei barang, allora le tracce di ogni passato e di dubbio saranno flebili sussurri, pronti ad essere ri-addomesticati in un diverso futuro.

I cacciatori, allora, da quel buio usciranno, divenendo timidi cacciatori di felicità.

 

Autore: Marzia Perini

Scrivere, leggere due aspetti palesi di un'unica passione: la letteratura. Alterno scrittura originale (racconti, poesie, resoconti letterari) a recensioni librarie. Completano il quadro personale altre due passioni più "movimentate" , ma che si intrecciano e completano le precedenti: la fotografia con mostre dedicate a Roma Bergamo e Venezia e i viaggi (solidali e non). Sono Accredited Press al festival di Pordenonelegge dal 2015.

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