L’invenzione dei desideri | Sharon Cameron
L’invenzione dei desideri è il secondo capitolo della saga di Sharon Cameron, che vede il suo primo episodio ne La Fabbrica delle meraviglie. Pur trattandosi di una lettura consigliata ad un pubblico giovanissimo, le vicende che prendono vita in entrambi i romanzi intrecciano una trama fantasy con un preciso periodo storico facilmente dimenticato, ma molto affascinante. L’intreccio tra magia e storia, del resto, difficilmente riesce ad annoiare.
Dove eravamo rimasti? Nel primo libro una ragazzina di 17 anni, Katharine, viene spedita dalla famiglia nella verde Stranwyne Keep, a casa dello zio Tulman, accusato di mandare in rovina il patrimonio accumulato negli anni. Il pregiudizio è forte, Katherine però non si lascia persuadere dalle apparenze. Non soltanto scopre che lo zio è un vero e proprio portento delle invenzioni, un genio incompreso e un pelino esuberante, ma anche che dietro il dubbio originario della sua famiglia si cela un dettaglio ben più preoccupante: una guerra che oppone due stati potenti e ugualmente spietati, pronti a prevalere l’uno sull’altro ad ogni costo, ossia l’Inghilterra e la Francia.
In questa nebbia di pericolo e di sospetto, la ragazza si accosta a un sentimento per lei nuovo, l’amore. Katherine infatti si invaghisce di Lane, apprendista dello zio, che spesso la allontana dalla pista del mistero che intende risolvere. Nulla di più da svelare, per chi ha deciso di indossare le scarpe e addentrarsi in questa meravigliosa avventura.
Facciamo un salto: secondo libro. Il mistero si infittisce, direbbe qualcuno. Un po’ come una giovane e perseverante Penelope, speranzosa nel ritorno di Ulisse, Katharine non si è arresa alla tremenda notizia del governo inglese: Lane, in circostanze non ben definite, è morto. Sono trascorsi più di diciotto mesi dalla sua partenza da Stranwyne Keep, eppure la ragazza è animata da una forte convinzione (o forse illusione?): il giovane di cui è innamorata è vivo in qualche angolo dell’Inghilterra.
Per molti versi ricco di connessioni con l’universo dell’epica, il romanzo si apre nel bel mezzo di un evento infelice: nel silenzio della notte due uomini ben coperti accedono alla tenuta del Borgo per rapire lo zio. Sarà forse per le sue grandi abilità da scienziato? A chi sarà arrivata la notizia delle sue costruzioni meccaniche così avanzate? Dietro questo mandato si nasconde infatti l’ombra della Corona Inglese, interessata ai progetti di Tulman per una ragione ben più lontana da un mero capriccio regale. Sa di discordia e di vendetta, e ha a che fare con la Francia e con la guerra di Crimea.
È qui che Katharine prende una decisione: il suo animo è in sussulto, eppure non può permettere alla crisi di prendere il sopravvento. Il bisogno di verità e chiarezza la conduce a Parigi e ad accogliere la ragazza è una platea di nuovi personaggi e conoscenze ambigue. Seguendo la trama delle tradizionali fiabe, ancora una volta l’equilibrio iniziale viene incrinato e la protagonista imbocca la strada dell’incertezza nel tentativo di avvicinarsi quanto più alla verità, cercando delle risposte esattamente nella via opposta.
Guidata dall’irrefrenabile sensazione che le suggerisce di credere che Lane sia ancora vivo, Katharine si troverà a tu per tu con i boulevards di una Parigi non sempre accogliente, sino a guardare il potere a distanza inaspettatamente ravvicinata: negli occhi dell’Imperatore.
“Chiusi gli occhi. Soltanto a me, Katharine Tulman, poteva accadere di scappare per terra e per mare per nascondere non a uno, ma addirittura a due governi, mio zio creduto morto, per poi finire ad abitare di fianco a una delle pettegole più sfacciate di tutto il continente. Davvero non sapevo di cosa stupirmi.”
In questo secondo capitolo il dettaglio storico non è trascurabile: le nemiche Inghilterra e Francia sono chiamate a rinunciare alle controversie interne e ad allearsi contro un avversario comune, la Russia. Un patto difficile a realizzarsi, quando gli equilibri tra due imperi sono così instabili. E, soprattutto, L’invenzione dei desideri offre uno spaccato storico narrativamente complesso da raccontare a un pubblico di lettori molto giovani che per la prima volta si accostano a fatti tradizionalmente meno noti come la guerra di Crimea.
In questo contesto la figura dello zio “Tully” gioca un ruolo cruciale: le sue invenzioni ricordano un po’ i progetti avanguardistici di Leonardo Da Vinci, macchine molto sofisticate per l’epoca che riuscivano però a dare una svolta alle guerre più sofferte (carteggi non per altro bramati da molti governi). Una mente sorprendente, il vero ponte che lega i due romanzi. Una personalità camaleontica: imprevedibile, dolce, geniale e determinata. Sarà per questo che Katharine si affezionerà a lui ancor più che nel primo libro, nonostante viva prevalentemente nel suo ricordo, non sapendo quale sorte gli sia capitata, a costo di mettere a repentaglio la propria vita pur di salvare quel piccolo microcosmo che la fa sentire protetta, composto dallo zio Tully, Stranwyne Keep e Lane. La sua fuga, reazione impulsiva dinanzi alle difficoltà, la metterà duramente alla prova e sarà il modo migliore per riscoprire se stessa.
“E anche al buio, nel posto sbagliato, nel momento sbagliato, nella lingua sbagliata, riconobbi quella voce, e le lunghe dita e il modo in cui ora quei gomiti poggiavano sulle ginocchia.”
Un fantasy che si avvicina sorprendentemente al carattere dei gialli storici, perfezionato da uno stile narrativo ricco di dettagli vittoriani: una delicata interpretazione della meravigliosa invenzione dei desideri. Molto di più una semplice lettura per ragazzi.