Origini| Jim Baggott
«Di una sola cosa possiamo forse essere ragionevolmente sicuri: fra dieci anni soltanto, la storia sarà diversa in alcuni suoi aspetti sottili, e meno sottili. E vi garantisco che la nuova versione sarà migliore della precedente».
L’incontro con uno scienziato, specialmente se veste i panni del divulgatore, può riuscire sovente sgradevole.
Un afrore di saccenza si leva infatti dalle sue parole – una saccenza che pretende di togliere mistero a ciò che lo ha e che lo attribuisce a ciò che ne è privo. Con Jim Baggott e il suo ultimo libro, dedicato niente meno che alle Origini (sottotitolo: La storia scientifica della creazione, Adelphi, 2017, 39 euro), uscito pochi mesi fa, si respira finalmente un’altra aria.
Lasciando correre la complessità delle sue oltre quattrocento pagine, ci dobbiamo concentrare sui presupposti filosofici – ma d’una filosofia onesta – che preludono ad esse.
Il vecchio e un po’ stantio tema dei solfeggiatori di false buone novelle su di una scienza che spiega il «come» ma non il «perché» della realtà, trova in Baggott un delucidatore eccellentissimo.
Con grande coraggio quale personalmente non ho mai intercettato negli scritti di alcun moderno, Origini cita il «fisico e romanziere» C.P. Snow e soggiunge che lo iato tra cultura scientifica e umanistica oggi è più vivo che mai, per giungere a una sorniona conclusione.
«Uno degli aspetti più notevoli della scienza moderna è la sua capacità, scoperta in tempi relativamente recenti, di fornire risposte a interrogativi che probabilmente in un passato non lontano sarebbero stati considerati competenza esclusiva dei più alti esponenti del clero, i quali storicamente hanno avuto l’abitudine di fondere i “perché?” con i “come”?».
Il ragionamento che precede è tanto anodino quanto implacabile.
Che la scienza, afferma Baggott, non riguardi noi esseri umani ma parli d’altro, come pretendono molti è in buona sostanza una menzogna. La dimostrazione? La scienza stessa. L’individuo non ha nulla di speciale.
«Quando abbandoniamo la sfera delle nostre preferenze e dei nostri pregiudizi distintamente umani, scopriamo in effetti di non essere osservatori privilegiati ed esclusivi del nostro universo. Universo che – stando a tutte le apparenze – non è fatto tenendo conto della nostra presenza».
Tutto il libro di Baggott dimostra con abbondanza di dati tale affermazione. Da ciò deriva il tremendum inascoltabile per orecchie di ministranti e bazzicatori di parrocchie e conventincole.
«L’universo non ha alcuno scopo, quanto meno se cerchiamo di interpretare quest’ultimo in un contesto specificamente umano. Se la teleologia ha a che fare con la ricerca, in natura, di uno scopo – o delle evidenze di un disegno –, allora la scienza è per definizione fermamente anti-teleologica».
E infila subito dopo quella parolina tanto oggi di moda, e da secoli, quanto mal compresa e mal applicata.
«Gli esseri umani non possono applicare il metodo scientifico senza essersi armati di una buona dose di umiltà».
Un altro abbrivio alla lettura compare nel primo capitolo, intitolato ominosamente «In principio», che inizia già con la fine.
«State pur certi che nessuno può dirvi come sia iniziato l’universo. E nemmeno se, in questo contesto, “iniziato” sia una parola anche lontanamente appropriata».
Qui non è caso di far presente ai guénoniani e al loro demiurgo, più ostili di chiunque altro a qualunque scienza, e orbi d’ogni predicata umiltà, che la scienza medesima fa crollare tutto il loro impianto appunto iniziatico.
Per qualche bizzarra alchimia – si fa per dire – Origini mi ha ricondotto ad amate parole di Nietzsche-
«In un angolo remoto dell’universo scintillante e diffuso attraverso infiniti sistemi solari c’era una volta un astro su cui animali intelligenti scopersero la conoscenza. Fu il momento più tracotante e menzognero della storia del mondo: ma tutto ciò durò solo un minuto. Dopo pochi respiri della natura, la stella si irrigidì e gli animali intelligenti dovettero morire. Qualcuno potrebbe inventare una favola di questo genere, ma non riuscirebbe tuttavia a illustrare sufficientemente quanto misero, spettrale, fugace, privo di scopo e arbitrario sia il comportamento dell’essere umano entro la natura. Vi furono eternità in cui esso non esisteva. Quanto per lui tutto sarà nuovamente finito, non sarà avvenuto nulla di notevole».
Ogni pagina di Baggott ridiscute certezze e incertezze e tende alla totalità. Qualcosa in più, uscendone, sapremo; molto altro ci sarà tolto. E questo morire e rinascere sarà forse la nostra origine e la nostra fine come esseri intelligenti. Ma almeno sarà finalmente qualcosa.
Gennaio 29, 2019
La storia che va dal famigerato “big bang” all’altrettanto famigerata “evoluzione dell’uomo” principia non da riferimento ma da assunto in cui rilevazioni fisiche e dati di acustica sono confusi quindi le rilevazioni formulate senza riscontro, terminando non in riferimento ma in altro assunto, nel quale le evoluzioni delle forme viventi sono confuse col divenire della vita, non in virtù ma in forza di confusione tra studi di morfologia e metodo biologico, tra prassi scientifica generale biologica ed applicazione biologica particolare di metodo. Proprio la prima indistinzione, diretta, occasiona l’altra, indirettamente da àmbito altrui ripetendo altrui indistinzione e con maggior disastro. Questo disastro è esito del positivismo, il tentativo irrisolto di ottenere dai dati scientifici più del possibile, che nella ostinazione di una soluzione assume il linguaggio dello scientismo, sfociando in forme di vera e propria illazione antiscientifica. In questo libro però se ne critica l’èsito, pur senza criticarne l’inizio; infatti il pregio sta nella dimostrazione di insensatezza, il difetto nella presentazione di tematiche subculturali, con nessun beneficio per il vero progresso scientifico, dato che la scienza è fatta anche di un patrimonio culturale-linguistico; ma perlomeno con possibile vantaggio della conservazione di risultati effettivi da una ineffettiva risultanza. Infatti si tratta in un certo senso di letteratura confessionale, di un resoconto di assurdità. L’autore comprende bene di star elencando tra dati della scienza immense ed insensate congerie, attuando elencazione proprio per scopo di mostrarne il non valore (ci riesce bene); ma non si avvede della bassezza e negatività di esse, di quanto siano ‘scontrose’ nei confronti del patrimonio scientifico altrui, anche della fisica statica e teorica, della chimica, della ottica oltre che della acustica; della biologia e morfologia e soprattutto della antropologia, per la quale “Sapiens” è ruolo antropologico non conformazione di umanità stessa e per la quale è del tutto non pertinente far ritratti di esseri che potrebbero esser bestie o umani ma che non son esseri reali né viventi. Insomma non è possibile interlocuzione ed intellettualità di merito scientifico con tesi inadeguate intellettualmente e linguisticamente aliene; tuttavia il poco di buono in cui questa pubblicazione consiste è nello smentire gli stessi maggiori inadeguati ed alieni a vera cultura della scienza… E inoltre tutte le cronologie riportate da J. Baggott sono antiquate perché sostituite da altre rilevazioni. Il tempo intercorso tra inizio del Pianeta Terra e tra inizio della vita del Pianeta Terra secondo ultime perizie è maggiore e le età biologiche della vita terrestre sono deducibili in successioni e scansioni molteplici. Ma questo potrebbe creare replicazione ad idenfinito, se non si tenesse conto della arbitrarietà e non indipendenza degli assunti suddetti. Infatti essi derivano anche da concezioni erronee intorno all’uso delle armi da fuoco e al non uso degli ordigni atomici, erroneità insinuatasi attraverso procedure tecniche spurie commiste a reali procedure tecnico-scientifiche. La scienza acustica studia “lo spettro sonoro” che è la sonorità di fondo entro cui soltanto le onde sonore si possono propagare e che precede e conforma le emissioni dei suoni. Ma cattivi pistoleri in Estremo Ovest non gradivano tanta conoscenza di suoni, sostenuti già dai tempi degli scoppi artigianali da pessimi artificieri del Vicino Oriente. È in quest’ultima vicenda di violenza subculturale che si trova comprensione profonda della nozione usata dai fisici e che è falsamente teorica, della espansione incontrollata detta “big bang”; infatti la vera nozione è quella della non-separatezza uniforme, cui si deve al fisico Planck la relativa scoperta e da cui deriva espressione divulgativa “muro”. Da immaginarsi sorta di muro liquido, come una cascata di un fiume… Nel libro di Jim Baggott invece tutto ciò non è vero oggetto del pensiero diretto, che vale solo per affermare negando, non per descrivere. Baggott constatando tali limiti non ne definisce il valore. MAURO PASTORE