I salici ciechi e la donna addormentata | Haruki Murakami
“I salici ciechi e la donna addormentata” è una raccolta di 24 racconti scritti da Murakami tra il 1980 e il 2005 e comparsi singolarmente in varie pubblicazioni, che nel 2006 gli è valso il premio Frank O’Connor International Short Story Award.
I racconti si rivelano piccoli gioielli di stile, portatori dei grandi temi cari all’autore.
Negli scritti si respira l’assurdo e si vive il senso dell’incompiuto d’ispirazione kafkiana. Le stesse ambientazioni, seppur anonime, hanno il tratto maniacale che si ritrova nell’autore ceco. Non a caso Kafka è uno degli autori che più hanno ispirato Murakami, accanto a Fitzgerald, Irving e Capote giusto per citarne alcuni.
Murakami è stato anche insignito del prestigioso Premio Franz Kafka, già assegnato a Philip Roth ed è il traduttore giapponese di Raymond Carver, altro suo grande mentore.
Ogni racconto rivela le molteplici sfaccettature dello stile di Murakami: le descrizioni sono potenti e dettagliate, capaci di offrire immagini nitide degli ambienti, quadri chiarissimi dai contorni netti, sfondi reali dove i protagonisti, al contrario, sono avvolti da un alone di incertezza, sospesi tra la persistenza del passato e l’urgenza del presente, spesso spinti dagli eventi piuttosto che da moti interiori.
L’io narrante non è mai onnisciente bensì ostenta visibilmente i suoli limiti.
Spesso sono presenti cammei dello stesso autore che entra come comparsa in questo teatro dell’assurdo.
Spettatore e destinatario degli altrui racconti , è solo portavoce delle frustrazioni inconsapevoli. Non fa domande e non dà risposte, semplicemente perché non ne possiede.
Murakami racconta la “favola” dell’uomo moderno
Non ci sono streghe, non ci sono principi né tantomeno orchi o regine. C’è l’uomo e la sua coscienza, i suoi vizi e le sue paure.
Tutti i racconti in un modo o nell’altro narrano di coscienze intorpidite dall’accidia.
Il male di vivere non ha un nome, la ricerca della serenità non ha una strada. Le favole di Murakami non hanno una morale, un finale che sveli i segreti.
Tema ricorrente è quello della Morte.
Murakami ripropone continuamente la morte di giovani, spesso suicidi, forse perché rappresenta la massima espressione del disagio di vivere sia per chi si uccide ma anche per chi sopravvive all’ombra della perdita.
Tutti i racconti sono viaggi introspettivi ma portano a vicoli ciechi dove lo scavalcare il muro richiede un coraggio che i protagonisti non hanno.
Tutti i racconti hanno un riferimento al passato . Il passato costituisce la zavorra alla quale i protagonisti sono inevitabilmente legati .
“I racconti Tony Takitani” e “La lucciola” sono tra gli scritti più delicati, che racchiudono in sé tutti i temi cari all’autore: la morte , il confronto con se stessi, l’assurdo che l’inerzia psicologica dei protagonisti rende addirittura “ordinario”.
La capacità di resistere piuttosto che lasciarsi trascinare, tornare indietro piuttosto che scappare sono occasioni non colte per negligenza o paura.
“Lo specchio” è il racconto che più di ogni altro , per quanto breve e diretto, svela il grande dramma dell’uomo: guardarsi e non riconoscersi.
“Storia di una zia povera” forse è il racconto che meglio interpreta il sociale, rapporta la solitudine del singolo al mondo circostante. Ognuno porta un fardello che ha un peso specifico e un peso relativo: specifico per chi lo porta e relativo per chi lo guarda. Non esiste una misura universale dei drammi di ognuno, il proprio vissuto è il termine di paragone che ciascuno utilizza.
Ne “Il settimo uomo” tale connotato è drammaticamente preponderante. Il non fatto, il non detto sono la causa dell’inerzia nel presente. La trappola di ciò che è stato non concede vie di fuga finché si cerca di scappare.
Unico racconto in cui si intravede un accenno indiretto al futuro , sotto le mentite spoglie di un desiderio non svelato è “Birthday girl“. Eppure anche quello , denso di un atmosfera magica e assurda, mentre fa intravedere la luce di una speranza futura, all’improvviso precipita nel presente lasciando comunque un sapore amaro non meglio identificato: aspettative disattese o semplicemente desideri ormai superati?
Il contesto generale dei racconti quindi appare fortemente frustrante, ma gli ultimi si concedono sfumature più luminose.
“Percorsi del caso” e “La scimmia di Shinagawa” sono storie di chi decide di non voltarsi dall’altra parte, di chi, anche debolmente, cerca risposte e di chi ha il coraggio di guardarsi e di mostrarsi al mondo.
“Hanalei bay” si introduce con drammatica delicatezza tra le trame dei vari racconti, assumendo la fisionomia del dolore dignitoso e diventa l’emblema di tutto quello che comporta la precarietà dell’essere umano, di tutto il coraggio che la vita richiede malgrado se stessa.
Se quello che si cerca è uno scritto che abbia la logica rassicurante del romanzo (inizio – svolgimento- fine) non è certo Murakami l’autore adatto.
Murakami concede solo l’inizio e lo svolgimento ma per il resto è un fluire di immagini e situazioni sospese. Tutto trapela tra le righe.
Non è uno scrittore per tutti. Richiede un discreto bagaglio letterario e la sensibilità al potere evocativo della scrittura più che alla trama in senso stretto.