Totò. Vita, opere e miracoli | Giancarlo Governi
Nel cinquantesimo anniversario della morte di Totò, Giancarlo Governi regala ai lettori una biografia-omaggio dedicata a uno dei più grandi interpreti di tutti i tempi.
“Totò. Vita, opere e miracoli“, pubblicato all’interno della collana “La Vite” da Fazi Editore, è già diventato un best seller.
“Questo è un bellissimo Paese, in cui però per venire riconosciuti in qualcosa, bisogna morire”.
Totò muore il 15 aprile del 1967 e sarà proprio da questo momento in poi che, universalmente, cominceranno a riconoscergli lo straordinario talento.
Quello che le più autorevoli firme della critica non avevano capito, etichettando le sue opere come “totoate” e definendolo un guitto volgare e scurrile; non sfuggirà però al suo pubblico.
Ed è proprio grazie a quel pubblico che riempiva i palchetti dei teatri e le poltrone dei cinema, che accorreva sistematicamente ad ogni suo richiamo, che dobbiamo la sua consacrazione, la conquista definitiva di un posto nel Pantheon dei grandi artisti.
Antonio Clemente nasce a Napoli in via Santa Maria Antesaecula, nel rione Sanità, il 15 febbraio 1898.
La mancanza del padre e quindi di un nome che possa identificarlo, lo ossessionerà per tutta la vita.
Diventerà il Principe Antonio De Curtis solo a seguito di un generoso compenso. Ma il senso di abbandono, la miseria dei primi anni, la promiscuità della strada, costituiranno l’ossatura della sua esistenza.
Totò, la maschera, attinge a piene mani da quell’universo di fragilità umana che era la Napoli di allora. Ma la sua carriera se la costruisce altrove, principalmente a Roma, distaccandosi dall’imperiosa “napoletanità” e diventando universale.
Frequentò molte donne, ma ne amò poche. Il carattere diffidente lo portò a manifestazioni di gelosia estrema che segnarono la fine della relazione con l’amatissima moglie Diana.
La debolezza e la complessità di un carattere come quello del Principe De Curtis non fanno che marcare l’antitesi con quello del suo personaggio Totò.
“Io sono De Curtis lui è Totò, lui fa il pagliaccio, il buffone è un attore. Io no. Io sono una persona perbene. L’ho schiavizzato, io vivo alle spalle di Totò, lo sfrutto, lui lavora e io mangio”.
La maschera e l’uomo, il pubblico e il privato, l’abito da lavoro e il costume aristocratico.
La struttura della biografia di un Principe
Giancarlo Governi, instancabile “tuttologo” dei Grandi del Cinema e della Televisione, suddivide la sua biografia in due parti.
La prima racconta molte vicende personali di Totò soffermandosi spesso sui rapporti con le grandi donne della sua vita. La seconda è un’antologia cronologica delle sue interpretazioni a teatro, al cinema alla televisione, passando attraverso le poesie e le canzoni anch’esse celeberrime.
Un resoconto modellato sulle testimonianze delle persone vicine ad Antonio De Curtis, come la figlia Liliana, e dalle esperienze dirette dell’autore, giovane fruitore dei suoi spettacoli. Un viaggio che comincia con la morte, passando per la cecità, e che termina con l’elenco del repertorio di quell’instancabile lavoratore che era Totò.
Agli occhi della mia generazione, che non ha avuto la fortuna di godersi un genio di tale portata al cinema e soprattutto dal vivo a teatro, la sua figura rimane avvolta da un’aura di fascino e sacralità.
Abbiamo visto i suoi film e le sue espressioni sono entrate a far parte del linguaggio comune.
Il suo viso, modellato ad arte, è immediatamente riconoscibile, è familiare, è qualcosa che appartiene a tutti noi.
Totò aveva paura di essere dimenticato, che tutto quello che aveva costruito fosse un “completo fallimento”. Sono passati cinquantanni dalla sua morte e riesce ancora a farci ridere.
Tu qua’ Natale…Pasca e Ppifania!!!
T’o vvuo’ mettere ̕ ncapo…̕ int ̕ a cervella
Che staje malato ancora ̕ e fantasia?…
̕ A morte ̕ o ssaje, ched’è?…è una livella.̕ Nu rre, ̕ nu magistrato, ̕ nu grand’ommo
Trasenno stu canciello ho fatt’o punto
Ch’ha perzo tutto, ̕ a vita e pure ̕ o nomme:
tu nu t’hè fatto ancora chistu cunto?Perciò, stamme a ssentì…nun fa’ ̕ o restivo,
suppuorteme vicino – che te ̕ mporta?
Sti pagliacciate ̕ e ffanno sulo ̕ e vive:
nuje simmo serie…appartenimme â morte!