La Locanda dell’Ultima Solitudine | Alessandro Barbaglia
Libri da leggere tutto di un fiato, che ti tengono compagnia in una serata solitaria, con un buon thé caldo e la luce del comodino a far compagnia e creare quel tocco di magia ideale per farvi gustare pienamente racconti brevi, ma intensi, come questo di Alessandro Barbaglia, ovvero La Locanda dell’Ultima Solitudine, che rientra perfettamente in questa categoria di letture.
Il racconto si snoda intrecciando le vite di diversi personaggi, ma quelli che spiccano di più sono Libero e Viola, ognuno a modo proprio, con viaggio da intraprendere nella loro vita, nelle loro paure.
Gli eventi portano, entrambi, a ritrovarsi inconsapevolmente beffati, o aiutati, dal Destino in un luogo immerso in un’aura di misticismo e fantasia, ovvero la Locanda dell’Ultima Solitudine: un luogo isolato e solitario, composto da un unico tavolo a soli due posti, dove si mangia un menù fisso e, soprattutto, non ci si va mai da soli.
Libero è un uomo solitario, vive in un paese chiamato Città Grande, in un appartamento vuoto e dipinto interamente di blu, che lascia trasparire il suo desiderio di vivere in piena libertà e spensieratezza, senza il timore delle attese…tanto meno le attese per l’arrivo del suo grande amore.
Perché Libero lo sa, lo sente: il grande amore arriverà.
E questa convinzione lo spinge a prenotare IL TAVOLO della Locanda per dieci anni dopo, come fissasse un appuntamento con la certezza, allo scopo di andare lì, quel preciso giorno, e trovare la donna dei suoi sogni.
In parallelo scorre la vita di Viola, che abita nelle colline di Bisogno caratterizzate da un’interminabile distesa di fiori, dove lei e la madre, Margherita, passano le giornate intere ad accordare i fiori affinché possano “parlare” quando soffia il vento.
Viola pare vivere in una sorta di campana di vetro che va sempre più restringendosi, tanto da soffocarla e farle desiderare una fuga che, tuttavia, Viola non sembra avere il coraggio di intraprendere, almeno fino al sopraggiungere di alcuni eventi che la costringeranno a cambiare idea.
L’intero libro, sin dalla prima pagina, è caratterizzato da una sensazione di leggera ma dolce malinconia, emanata dagli stessi personaggi impegnati a narrare se stessi, le loro gioie, i loro dolori ma, soprattutto, le loro mancanze.
Libero, in questo, si discosta completamente da Viola: mentre il primo fa dell’attesa un atto di fiducia verso il futuro, anche se poi tradirà se stesso dimenticandosi completamente di questo suo pregio, Viola al contrario vive ogni momento in lotta con la propria esistenza e il desiderio di cambiarne il corso e si convincerà ad agire solo quando verrà messa con le spalle al muro.
Nonostante i personaggi, tra primari e secondari, non siano pochi, la protagonista indiscussa sarà sempre lei, la Locanda, luogo in cui tutti i nodi vengono al pettine e tutti i personaggi prendono coscienza di se stessi.
Il motivo per cui Alessandro Barbaglia chiama “Ultima Solitudine” il proprio traguardo è proprio questo: nel momento in cui si decide di fare i conti con se stessi, ognuno di noi assaporerà per l’ultima volta la Solitudine e scoprirà, finalmente, qual è la strada giusta per raggiungere la felicità.
Libero e Viola rappresentano due modi con cui si giunge a questa fase: il primo si pone un obiettivo a lungo termine, ma data la sua stessa natura umana rischia più volte di andare fuori percorso; Viola al contrario ha ben chiaro cosa fare, non se lo dimentica, ma è sempre ancorata al suo passato e alle sue paure.
La Solitudine per Barbaglia è un stato del proprio animo a cui tutti noi possiamo dare un significato diverso, in base alle proprie esperienze di vita e alle proprie esigenze.
La Solitudine viene esplorata a 360° e per quanto la cosa possa destare inquietudine, nella penna di Alessandro Barbaglia essa si trasforma da condizione umana o sentimento caratterizzato da tristezza e isolamento, a una Madre protettrice che accoglie i propri figli e indica la giusta strada da seguire: c’è chi cerca la libertà, c’è chi cerca il vero amore, chi un luogo dove nascondersi, chi una mano, quella della persona amata…
Alessandro Barbaglia in poche pagine riesce a descrivere talmente tante sfumature che è quasi impossibile non trovare un singolo personaggio in cui immedesimarsi.
La scelta di scrivere un racconto breve, si sposa in maniera perfetta con le intenzioni dell’autore, che tramite i personaggi di Libero e Viola porta avanti la narrazione fino a condurre il lettore verso la morale che vuole esprimere, grazie alla figura retorica della Locanda.
Un romanzo lungo, con questo stile a metà tra la fantasia e la realtà, sarebbe stato eccessivo, seppur affascinante.
Quando si chiude con l’ultima pagina è inevitabile pensare ai personaggi di questo libro, alle emozioni e, perché no, a se stessi e mettere in dubbio quel che possono sembrare delle certezze e chiedersi: sto facendo davvero la cosa giusta? Amo davvero la persona che ho di fianco? Sono soddisfatto della mia vita?
Nel preciso instante in cui comincerete a farvi queste domande, capirete il senso di questo breve racconto e, magari, avrete iniziato anche voi il viaggio verso la Locanda dell’Ultima Solitudine.