Il Gattopardo | Giuseppe Tomasi di Lampedusa
“Il Gattopardo” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa (1896-1957) è uno dei più celebri romanzi della letteratura italiana del XX secolo.
Pubblicato un anno dopo la morte dell’autore, dopo varie vicissitudini legate ai rifiuti da parte delle case editrici Einaudi e Mondadori, “Il Gattopardo” (scritto tra il 1954 e il 1956 con il titolo originario “Ultime luci”) è ambientato nella Sicilia sotto un Regno dei Borboni ormai prossimo al disfacimento in seguito allo sbarco dei Mille di Giuseppe Garibaldi e all’Unità d’Italia.
Tomasi di Lampedusa racconta quel periodo storico che ha segnato le sorti dell’intera Penisola dal punto di vista di una famiglia dell’aristocrazia siciliana, quella dei Salina, retta dal principe Fabrizio – personaggio costruito sulla figura del bisnonno dello scrittore, il principe Giulio Fabrizio Tomasi, vissuto durante il Risorgimento.
Il romanzo è incentrato sui pensieri e le riflessioni dell’introspettivo, saggio e testardo principe e sulle vicende legate alla sua famiglia che, a differenza dell’uomo, quasi non avverte l’ondata di cambiamento che sta capovolgendo tutte le antiche abitudini aristocratiche quali i balli, i ricevimenti, le estati passate nella tenuta di Donnafugata.
Giuseppe Tomasi di Lampedusa affida alla sua scrittura elegante, virtuosa, affascinante e pregna di significati la descrizione di questo epocale passaggio senza disdegnare la stuzzicante e minuziosa esposizione della terra siciliana che fa da meravigliosa cornice al romanzo.
Il disincantato principe Salina asseconda il declino della noblesse quando deciderà di dare il suo beneplacito al matrimonio tra l’amato nipote Tancredi Falconeri e Angelica Sedara, figlia di don Calogero, un inelegante borghese arricchito, non certo un viveur come don Fabrizio.
Il principe non si opporrà all’ascesa della società borghese, al cambiamento, ma resterà impassibile relativizzando, in maniera quasi voltairiana, che tutto non potrebbe andare diversamente.
Se oggi abbiamo la possibilità di leggere questo autentico affresco dei processi che portarono all’Unità d’Italia (dal quale nel 1963 nascerà l’omonimo lungometraggio a opera del regista Luchino Visconti), è grazie a Elena Croce che, dopo la scomparsa dello scrittore siciliano, decise di prendere in mano il manoscritto e presentarlo a Giorgio Bassani, editore per Feltrinelli.
La casa editrice, nata soltanto qualche anno prima a Milano, decise di puntare sull’opera. Tradotto in tutto il mondo, “Il Gattopardo” diventerà un successo; sarà il primo best-seller italiano con oltre 100.000 copie vendute.
Il tramonto di un’epoca si vive nel capitolo in cui Tomasi di Lampedusa narra la morte del principe Fabrizio Salina. Queste le sue estreme parole:
“Era inutile sforzarsi a credere il contrario, l’ultimo Salina era lui, il gigante sparuto che adesso agonizzava sul balcone di un albergo. Perché il significato di un casato nobile è tutto nelle tradizioni, nei ricordi vitali; e lui era l’ultimo a possedere dei ricordi inconsueti, distinti da quelli delle altre famiglie”
Si chiude un capitolo di storia che non tornerà più, è stato celebrato il requiem dell’aristocrazia che cede il passo a una nuova civiltà.
“Noi fummo i Gattopardi, i Leoni; quelli che ci sostituiranno saranno gli sciacalletti, le iene; e tutti quanti Gattopardi, sciacalli e pecore, continueremo a crederci il sale della terra”.
Questi tra i passaggi più significativi del romanzo divenuto simbolo di un punto di vista sul carattere dei siciliani e dell’intera Sicilia. “Nunc et in hora mortis nostrae. Amen”.