L’ Addio | Antonio Moresco
Si può costruire un romanzo, una storia o un semplice racconto partendo da un’idea o, per meglio dire, da una grande e infinita metafora?
Antonio Moresco, con questo suo “L’Addio”, sembra che a questa domanda possa rispondere sicuramente di sì. Prima di andare avanti, però, è giusto fare una piccola premessa sull’autore.
Antonio Moresco è uno di quegli autori che l’Italia non sa di avere, uno di quelli che raramente hai la possibilità di vedere negli scaffali delle librerie. Magari i lettori più accaniti avranno sicuramente sentito parlare di lui, dato che agli inizi del 2000 la sua trilogia di romanzi dal titolo “L’increato” ebbe un discreto successo, nonostante le mille difficoltà editoriali.
Perché fare questa premessa? Perché la metafora accennata poc’anzi ha molto, moltissimo a che vedere con la storia dell’autore, dei suoi trascorsi come scrittore e delle lotte che ha dovuto affrontare contro gli stessi editori; tanto è vero che è Moresco stesso a dircelo, in un sorta di lettera che pone all’inizio del libro spiegando, per sommi capi, la genesi di questo “L’Addio”.
In un mondo dove non esistono più continenti e nazioni, ma solo due grandi realtà, due città, quella dei Vivi e quella dei Morti, Moresco ci racconta la storia di un poliziotto Morto di nome D’Arco a cui viene affidata una missione: scoprire perché nella Città dei Vivi è in atto un vero e proprio genocidio di bambini, creando delle ondate migratorie di piccole anime innocenti che trapassano, senza sosta, dalla Città dei Vivi a quella dei Morti. Durante le sue indagini egli incontrerà un bambino, una delle tante vittime di questi assassinii perché morto strangolato con del filo spinato, che lo accompagnerà nelle sue lotte, al punto di varcare il confine tra la Città dei Vivi e la Città dei Morti, nel tentativo di scoprire l’origine di queste morti e di fermarle ma, come lui stesso dirà a più riprese, “sarà come cercare di svuotare il mare con un cucchiaino”.
La trama di questo romanzo, a prima vista, può sembrare fin troppo semplice: come principio sembra un classico racconto poliziesco condito con un pizzico di fantasia, paranormale, mistero e chi più ne ha più ne metta; l’errore che qualsiasi lettore possa fare davanti a un libro del genere è avere l’idea che “L’Addio” sia una storia fine a se stessa, quando poi in realtà c’è molto altro dietro.
Antonio Moresco non racconta solo una storia, ma fa una cosa tanto difficile quanto coraggiosa: apre la sua mente e il suo cuore al lettore tramite gli “occhi bianchi” di D’Arco e l’innocenza del suo giovane assistente che, con un taglio quasi super eroistico, tentano in ogni modo di compiere la loro missione che, pian piano, si trasforma in una metafora che vuole rappresentare tutto il Male nel mondo.
Più si va avanti con la lettura e più si capisce che, in realtà, la Città dei Vivi e la Città dei Morti non hanno alcuna differenza tra loro ma sono, anch’esse, una delle tantissime metafore che Moresco usa per descrivere una realtà che lui odia, che denuncia, che l’ha spinto a ritirarsi dal mondo della Letteratura e della Scrittura gridando il suo “Addio” a una società che lui disprezza.
Nella sua denuncia egli non risparmia nessuno: i Vivi e i Morti sembrano due popoli immersi in una realtà atrofizzata, dove i rapporti umani sono segnati da ipocrisie, falsità e dove le emozioni vengono paralizzate dai social e dal web; dove i bambini non hanno la libertà essere se stessi, di vivere, di inventare, ma vengono “uccisi” mentalmente e moralmente dalla società e, spesso, anche dai loro stessi genitori.
I Bambini, in questo romanzo, sono il punto focale, l’emblema del pensiero filosofico e sociale di Moresco. Essi, infatti, rappresentano il lato più intimo e innocente di ogni uomo, strozzati e fatti morire dalla realtà che li circonda e dal modo in cui vengono cresciuti.
Il Male qui viene descritto come parte integrante della vita di tutti giorni, cosa che pochi eletti come D’Arco cercheranno di ribaltare senza mai riuscirci, perché il mondo stesso ha scelto di vivere in questo modo.
Con uno stile molto cinico e diretto, a tratti anche spietato, Antonio Moresco con questo “L’Addio” cerca di porre fine, forse, alla sua carriera da scrittore emarginato e ci lascia una sorta di testamento letterario, invitandoci a combattere la sua stessa battaglia, ma con la consapevolezza che sarà impossibile eliminare “tutta l’acqua del mare con un cucchiaino”.