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Al di là del nero, di Hilary Mantel

Il romanzo di Hilary Mantel: Al di là del nero

Al di là del nero Hilary MantelAlison è una medium. Non è una ciarlatana qualunque, è realmente in contatto con il mondo degli spiriti e si guadagna da vivere viaggiando per le cittadine della periferia inglese, dove organizza spettacoli in cui il pubblico viene messo in contatto con i propri cari defunti, i quali intervenendo direttamente dall’aldilà inviano saluti, confessioni, recriminazioni, o a volte si tolgono semplicemente sassolini dalle scarpe quando hanno finalmente occasione di comunicare con chi gli è sopravvissuto.

Un giorno, ad una fiera dell’occulto Alison incontra Colette, che di lì a poco diventerà la sua assistente e confidente: la donna è appena uscita da una crisi matrimoniale, e lascia casa e lavoro per andare a vivere con la medium.
Il romanzo segue gli anni in cui le vite delle due donne si incrociano quotidianamente, non senza frizioni e incomprensioni: due figure femminili che sono una l’opposto dell’altra, tanto fisicamente (Alison è molto grassa, Colette è magrissima) quanto caratterialmente (la prima è svagata e disorganizzata, la seconda pragmatica e concreta).

Nel corso degli anni la convivenza tra le due si fa sempre più complicata: Colette diventa con il passare del tempo sempre più insofferente nei confronti di Alison, anche perché vivere con la medium comporta un’ulteriore presenza fastidiosa, più o meno fissa in casa ed ovunque si spostino: Morris, lo spirito guida di Alison, dispettoso e irritante, che la medium si ritrova costantemente tra i piedi.
Senza dimenticare il passato di Alison ed i numerosi fantasmi della sua infanzia, che frequentemente si riaffacciano rendendo a tratti insopportabile la vita di entrambe le donne.

Un po’ di sana critica per Al di là del nero

Questo, molto in breve, ciò di cui tratta il romanzo. Che, onestamente, non mi è piaciuto: anzi, in verità mi ha particolarmente annoiato.

Hilary Mantel è quasi unanimemente considerata la migliore scrittrice inglese dei nostri giorni: è l’unica donna, nonché prima tra gli autori britannici, ad aver vinto due volte il prestigioso Booker Prize, con i primi due romanzi della trilogia su Thomas Cromwell (Wolf Hall del 2009 e Anna Bolena. Una questione di famiglia del 2012), ed è senza dubbio una scrittrice strepitosa.

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In questo romanzo, però, con mio grande disappunto (anche perché, volendo essere pure venali, il libro non costa 5 euro) l’autrice mi ha deluso, e non è stato per me un piacere leggerlo; al contrario, mi sono trascinato pagina dopo pagina per arrivare alla fine.

Peccato, perché nutrivo buone aspettative, e visti anche i virgolettati che compaiono in copertina mi attendevo molto di più.

Non l’ho trovato ”estremamente divertente” (The Literary Review) né ”un capolavoro di spirito” (The Independent), e mi è parso particolarmente lontano dall’essere ”un grande romanzo comico” (The New York Times): che sia io ad aver problemi a comprendere a pieno l’humour inglese, o che sia responsabilità della traduzione non in grado di renderlo al meglio, il fatto è che non mi sono divertito a leggere il romanzo, che ho anche trovato troppo prolisso e ridondante, e le pagine sovente si accumulano senza una reale necessità. La stessa parte dark del romanzo, che affonda le radici nella lontana e terribile infanzia di Alison, mi è sembrata troppo spesso appesantita da eccessive divagazioni.

Certamente, l’idea di fondo del romanzo è interessante ed originale, e a quanto pare ci sono effettivamente critici che considerano questo uno dei suoi migliori romanzi. Purtroppo però, relativamente a questa edizione italiana, il giudizio del Guardian riportato in copertina sotto il titolo, testualmente: “Il suo miglior libro”, è quanto mai ingannevole: sebbene pubblicato da pochi mesi da Fazi Editore, trattasi tuttavia di un romanzo del 2005, cioè antecedente alle migliori opere della Mantel, i due sopracitati primi capitoli della trilogia che le sono valsi prestigiosi riconoscimenti internazionali. Nutro forti dubbi sul fatto che i critici del Guardian possano tuttora considerarlo “il suo miglior libro”.

Autore: Fabrizio Biolchini

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